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Claudio Biscarini: Le carte segnate

Da diverso tempo, tra cultori di storia contemporanea e memorialisti , à invalso il metodo di presentare nei loro testi, senza alcuna distinzione gerarchica, documenti d'archivio, testimonianze orali e passi di opere edite senza citare rigorosamente le fonti (segnature, indirizzi…

Claudio Biscarini: Ci risiamo!

 Tempo fa inviai a Dellastoriadempoli un mio articolo in cui deploravo che troppi, oggi, si occupassero di storia militare senza ovviamente capirci molto di più che in una partita di calcio. Oggi ne ho ancora una volta la riprova. E’…

Claudio Biscarini: San Miniato, 22 luglio 1944

La Cattedrale di Santa Maria Assunta e di San Genesio.

Domenica prossima ricorderemo il 68° anniversario della strage nella Cattedrale di Santa Maria Assunta e di San Genesio di San Miniato. Certamente, nonostante la pubblicazione di un documento che riteniamo risolutivo nel volumetto La Prova, non mancano ancora i “nostalgici” di spiegazioni diverse da quella della granata da 105 mm americana, entrata per puro caso attraverso il semirosone del braccio meridionale del transetto ed esplosa nella navata destra della chiesa. Cerchiamo, quindi, per l’ennesima volta di prevenire questi “nostalgici” e analizziamo i fatti partendo dal documento americano. Perché diciamo che è risolutivo? Due sono le cose che si leggono in quelle scarne righe che ne fanno un testo importantissimo che si accodano ad altre. Primo: il documento è coevo e non ha subito manipolazioni successive in quanto serviva solo per annotare fasi tecniche dell’impiego degli obici del 337th US Field Artillery. Per questo siamo stati in grado non solo di stabilire con assoluta esattezza l’ora dell’inizio dei due cannoneggiamenti su San Miniato, ricordati anche dai testimoni, le coordinate di tiro e il numero dei proiettili sparati. Secondo: leggendo l’annotazione del 23 luglio si può comprendere come essa sia chiara nella sua esposizione seppure sintetica. Si legge, infatti, che i partigiani samminiatesi dicono agli americani che “qualcuno, ieri, ha sparato nella zona di San Miniato e ha colpito una chiesa”. Ora, anche se non fossimo a conoscenza che a sparare furono gli obici statunitensi, salta agli occhi che, se i partigiani avessero saputo che a colpire erano stati i mortai o gli obici tedeschi, la cosa sarebbe stata riportata in maniera chiara agli americani i quali non si sarebbero certo perduta l’occasione di annotare un altro crimine tedesco nei loro documenti. L’annotazione prosegue con “ I feriti sono stati trasportati all’ospedale non ci sparate sopra”. Altra palese ammissione che gli americani furono da subito consci di aver preso la chiesa. Infatti, in questo passo è come se avessero scritto “abbiamo fatto una fesseria ieri, badiamo di non ripeterla con l’ospedale”.

Claudio Biscarini: Storia militare, troppi ne parlano, pochi la conoscono.

foto n. 1: un motociclista tedesco a Piazzale Michelangelo, fonte Bundesarchiv

Quella branca dello studio della storia che definiamo “militare”, molto accreditata all’estero, in Italia ha pochi, valorosi adepti. Tanti che si classificano come “storici militari” in realtà mescolano abilmente politica e cognizioni militari di cui, molto spesso, hanno solo un minimo sentore. Certo che “la guerra è la politica che continua con altri mezzi” (oggi si può fare questo parallelo riferendosi all’economia) e quindi fare storia militare senza affrontare anche problemi politici non è del tutto possibile. Sacrificare, però, alla politica problemi di stretta valenza militare e fuorviante per capire cosa avvenne in un determinato luogo in una determinata data. Alla fine, pur con tutte le risultanze politiche che si vuole, è sul campo di battaglia che si decide tutto. Uno dei classici esempi di come la storia militare tout cout, ripeto molto studiata all’estero specialmente negli Stati Uniti, in Francia e nei paesi del Commonwealth britannico, è la campagna d’Italia e il ruolo del soldato tedesco rispetto ai corrispettivi militari avversari. Molto inchiostro è stato scritto sulla disgraziata campagna che vide protagonista la nostra penisola e, spesso, è stato inchiostro buttato. Lo stesso dicasi per la figura del soldato tedesco che fu oggetto, per quanto ci riguarda, di uno studio ad hoc per la rivista francese 2é Guerre Mondiale di anni fa.

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