Degli Alessandrini pittori empolesi è facile ricordare Renato, straordinario artista celebrato in diversi musei fra…
Claudio Biscarini: Pratovecchio 23 luglio 1944
Dobbiamo ritornare brevemente sui tragici fatti di Pratovecchio che accaddero, quasi una simbiosi tra cittadini e luogo in cui vivono, un giorno prima della distruzione di Empoli. Si leggono diverse inesattezze in vari siti che oggi si trovano “navigando” in internet.
Addirittura, i tedeschi morti sarebbero militari di un 29° Panzer-Grenadier-Regiment- Pioniere Battalion!!! In realtà, sappiamo che essi erano in forza alla 2. Kompanie del 29. Panzer-Grenadier-Regiment in cui i Pionieri non entravano per niente. Si riporta,inoltre, la versione “ufficiale” della pattuglia tedesca sorpresa da un unico partigiano armato di un gruppo che si stava preparando ad entrare in città per liberarla. Libertario Guerrini ha più volte detto che quest’uomo era armato con uno Sten che era stato paracadutato dagli alleati giorni prima.
A parte la contestazione di fatto che non è stato possibile trovare riscontri su questo lancio, che è ormai storicamente assodato che gli angloamericani lanciavano armi solo dopo che avevano la sicurezza che sarebbero andate in mano a una formazione forte e combattiva, non importava il colore politico, e che aveva combattuto molte azioni. Pare certo che a Empoli, a parte un nucleo gappista, non esistevano formazioni partigiane di questo tipo e quindi non sappiamo ancora da dove proveniva quest’arma. Comunque sia, secondo le ricerche del dottor Carlo Gentile, esimio storico certamente super partes, che ha effettuato una ricognizione presso il Deutsche Dienstelle di Berlino, dove sono conservati i documenti relativo ai militari tedeschi, i soldati uccisi a Pratovecchio presentavano tutti colpi di arma da fuoco al capo.
Ora, chiunque mastichi un poco di armi sa che lo Sten, pistola mitragliatrice più che fucile mitragliatore, è stata l’arma di basso costo che nel 1940 salvò l’Inghilterra. Di facile produzione, era formata in pratica da lamiere stampate, con una pessima realizzazione della canna e della meccanica di sparo e con il caricatore che tendeva a bloccarsi quando erogava le cartucce calibro 9×19. Era stato scelto questo calibro perché poteva utilizzare anche i proiettili delle pistole. Sappiamo che lo Sten aveva un tiro difficilissimo a colpo singolo da spalla e che, a raffica, era utilizzabile con buoni risultati non al di là dei 25 metri. Il problema è che con tiro a raffica, recenti operazioni di tiro al bersaglio con quest’arma effettuate da tiratori scelti civili, hanno evidenziato che su 5 colpi sparati da 25 metri non più di 2 o 3 andavano a bersaglio sulla sagoma. Che, badiamo bene, non vuol dire colpire la “testa” della sagoma-bersaglio ma tutto il corpo.
Mi si spieghi, quindi, tecnicamente parlando come avrebbe fatto il partigiano armato a colpire, con il suo Sten, TUTTI i tedeschi nella testa sparando a raffica e nella concitazione del momento. In pratica quest’arma, paracadutata a tutti i partigiani d’Europa e in dotazione anche a reparti britannici, serviva molto nell’assalto ravvicinato quando poteva sviluppare una potenza di fuoco notevole ma era assai inferiore per prestazioni a un Thompson o anche a un Moschetto Automatico Beretta pur avendo lo stesso calibro.
Quindi, la sola ipotesi che ci viene di fare, e che abbiamo più volte già fatto, è che a sorprendere non siano stati i tedeschi ma gli uomini armati nella capanna di Pratovecchio, pare non più di tre, e che in qualche modo abbiano giustiziato con un colpo alla testa i soldati . Azione di guerra legittima da parte di un’unità partigiana, se dopo, in una zona densamente popolata di civili sfollati, si ha l’accortezza di far sparire i corpi degli uccisi. E’, infatti, appurato che in mancanza dei corpi molto spesso non seguiva la rappresaglia. Se poi, come pare quasi certo, un soldato ferito riuscì a fuggire, molto meglio sarebbe stato abbandonare il posto lasciando vivi gli uomini e portando via loro, magari, le armi. Ma tutto questo appartiene all’ipotesi, visto che mai nessuno, a parte la “dizione ufficiale” ha mai raccontato veramente cosa accadde.
Chi erano quei tre uomini, e la donna che era con loro? Che cosa facevano in realtà a Pratovecchio? Vorremmo, sinceramente, essere eventualmente smentiti con prove e fatti concreti e non con racconti su cui, ci si consenta, possiamo avere dei dubbi, sulla nostra versione dei fatti. Ma, purtroppo, i nostri appelli non hanno avuto davanti che un muro di gomma. Da qualche parte non si è capito che il silenzio non porta a niente e che se era giustificabile subito dopo la fine del conflitto, ora a distanza di anni, tutte le faccende accadute vanno consegnate alla storia e non alla politica.
Località Pratovecchio in Googlemaps:
Questo articolo ha 0 commenti