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8 settembre 1943: sulla Regia Nave Baionetta, assieme a Vittorio Emanuele III e la corte, un agente anglo-toscano.

di Claudio Biscarini:

Ormai ci stiamo velocemente avvicinando alla data fatidica: il 70° anniversario del giorno in cui il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, Capo del Governo al posto di Mussolini dal 25 luglio 1943, proclamò agli Italiani che  l’esecutivo da lui presieduto riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria e nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione aveva chiesto un armistizio al comandante delle forze alleate nel Mediterraneo, generale Dwight David “Ike” Eisenhower. La richiesta era stata accolta e conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze armate anglo-americane doveva cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Il vecchio maresciallo, passato indenne da prove che non avevano mai raggiunto la drammaticità di quella presente, aggiunse una frase che recò a chi la udì, specie ai comandi militari, più danno che altro: Le forze italiane però reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. Erano le 19,45 di mercoledì 8 settembre 1943, e la Chiesa ricordava la Natività della Beata Vergine Maria. Il sole nasceva alle 5,42 e tramontava alle 18,33 e il proverbio del giorno diceva a casa del ladro non si ruba.

L’Italia intera rimase stupita, ma non più di tanto. Da tempo si era capito che la guerra era perduta e che non c’era altra via che chiedere la pace. Anche i comandi militari, pur non avendo avuto quasi nessuna notizia, fatti salvi, e in ritardo, quelli superiori, avevano subdorato qualche cosa. Sabato 4 settembre, ad esempio, Il Comando della Zona Militare di Firenze, Ufficio Difesa, inviava al Commissario Prefettizio di Empoli, Taddei, una lettera con oggetto Annuncio alla popolazione dello stato di emergenza e sua cessazione. Nel documento, presente all’Archivio Storico del Comune di Empoli, il colonnello Dino Pollacci dichiarava che lo stato di emergenza sarebbe stato comunicato alla locale Stazione dei Reali Carabinieri al numero telefonico 2070.Quasi comica la risposta, inviata martedì 7 settembre 1943, dal Commissario Prefettizio  al Comando Militare fiorentino nel quale, dopo aver accusato ricevuta della lettera n. 6471/D del 4 settembre c.a. si comunicava che il numero telefonico del Comando Stazione CC.RR. di questa Città è il 20-74 e non il 20-70.

Lo stesso mercoledì 8 settembre, mentre gli Italiani erano in confusione, al comando della 3. Panzer-Grenadier-Division tedesca stanziata tra il Monte Amiata e il lago di Bolsena, arrivò quest’ordine: Achse sofort (Hafen Civitavecchia und Versstarkerᾅmter, Abbadia, Viterbo und Siena nehman. L’ordine veniva dall’ufficio operazioni (1a) del Comando Supremo Sud, in pratica dal feldmaresciallo Albert Kesselring. Il piano Achse, ovvero l’occupazione militare dell’Italia, era, quindi, immediatamente operativo: erano le ore 20,25 dell’8 settembre 1943 e Badoglio aveva parlato all’EIAR da 45 minuti.

Anche le unità della 24. Panzer-Division, schierate assieme alla 1. SS Panzer-Grenadier-Division “Leibstandarte Adolf Hitler” attorno a Modena, cominciarono a rastrellare i reparti italiani ovunque. Due colonne della stessa unità, una dal Passo di Porretta e una da quello della Futa, arrivarono a Pistoia, Prato, Firenze e Empoli. Furono i Panzer III e IV, tra i quali alcuni muniti di lanciafiamme, che portavano il logo del cavaliere che salta un ostacolo sullo scafo, che furono visti in transito dalla nostra città, forse verso Poggibonsi e Siena o verso Pontedera e La Rotta, dove fu posto il comando, e non i Panzerkampfwagen VI Tiger I Ausf E come è stato scritto. In pochi giorni, soprattutto il Regio Esercito si sfaldò quasi completamente: L’armistizio coinvolse circa 1.007.000 uomini dei 3.700.000 che l’Italia aveva ancora alle armi, di cui circa 700.000 furono inviati come Internati Militari Italiani in Germania e Polonia.  Il bottino tedesco fu enorme in armi ed equipaggiamento. Tra quest’ultimo  spiccano ben 672.000 giacche a vento, 923.000 pastrani, 783.000 farsetti a maglia e 445.000 mantelline di ogni tipo, mentre in Russia i nostri erano morti di freddo. Le giacche a vento andranno ad equipaggiare i militi della RSI. E i tedeschi, specie le Waffen SS, si rifaranno nuovi con 132.000 reti mimetiche.

Il giovedì 9 settembre, l’organo ufficiale del partito nazionalsocialista Vὅlkischer Beobachter titolava: Feiger Verrat Badoglios: tradimento vigliacco, dunque. La Stampa di Torino, invece, scriveva in prima pagina La guerra è finita. Si sbagliavano tutti e due.Il resto è storia nota: il tutti a casa, la fuga del re e dei generali dal molo di Ortona a Mare. Ma proprio su quest’ultimo episodio vogliamo fermare la nostra attenzione. Non tutti sanno che, sulla Regia Nave Baionetta in rotta verso Brindisi, quella sera del 9 settembre 1943, oltre al re, la regina, il Principe Umberto e alti dignitari, c’era un agente dello Special Operations Executive anglo….toscano, o meglio senese.

Cecil Richard, “Dick”, Dallimore Mallaby era nato  a Newara Elya sull’isola di Ceylon, allora protettorato britannico, il 26 aprile 1919. Ma, dal 1925 al 1939, era vissuto nei possedimenti che suo padre aveva ad Asciano, nelle “crete” senesi. Qui era andato a scuola. Poi, per un breve periodo, era tornato in Inghilterra e, quindi, rientrato a Modena dove aveva completato gli studi. Il 16 ottobre 1939 era entrato, come caporale, nell’8th Devonshire Regiment passando, nel 1941, nell’8th Commando. Il 15 gennaio 1942 era entrato nel SOE e era stato inviato a Gerusalemme a fare l’istruttore radiotelegrafista col grado di sergente. Si pensò in quell’anno di infiltrarlo in Jugoslavia, ma poi la missione saltò. Nel maggio 1943, invece, venne deciso di mandarlo in Italia per prendere contatto con un gruppo del SOE formato da Italiani, che già operava nel nord Italia. Tramite radio, l’agente avrebbe dovuto collegare questo gruppo con la base SOE detta in codice Massingham ad Algeri, per richiedere armi ed equipaggiamento.  Mallaby venne paracadutato all’alba del 14 agosto 1943 sul lago di Como ma ebbe sfortuna: fu subito visto e catturato dalla polizia italiana. Rischiava la fucilazione. Il 27 agosto era a Regina Coeli quando venne liberato e, portato alla sede del Comando Supremo Italiano, gli venne consegnato un apparato radio ricevente B2 e gli fu detto che da quel momento egli, col nome in codice di Monkey avrebbe tenuto i collegamenti, per conto del Governo Italiano, col quartier generale alleato , nome in codice Drizzle. Che cosa era accaduto? Il generale Giuseppe Castellano, inviato da Badoglio per trattare con gli anglo-americani, si accorse arrivato davanti ai loro massimi responsabili, di non aveva l’autorità di trattare un armistizio ma solo  un cambiamento della politica italiana. Venne, quindi, rispedito a Roma perché il Governo Italiano potesse conoscere le condizioni militari di resa, e gli venne fornita una radio con i codici da consegnare a Mallaby che, per questo scopo, doveva subito essere rimesso in libertà. Ecco come un giovane ufficiale anglo-senese entrò nella storia più complicata dell’ultimo secolo. Il sottotenente “Dick” Mallaby assolse il suo compito e, al mattino del 9 settembre, assieme ad altri si imbarcò, con la sua radio, su un aereo militare che, partito da Centocelle, atterrò a Pescara. A sera, mentre l’ammiraglio De Courten non lo voleva a bordo della corvetta Baionetta, fu il generale Vittorio Ambrosio a farlo salire. Per aver assolto al suo compito, il 7 dicembre 1943 Mallaby venne decorato con la Military Cross dopo essersi riunito alla Special Force Number One, il nome italiano del SOE, alla base di Monopoli, nome in codice Maryland. Cecil Richard “Dick” Dallimore Mallaby ebbe, alla fine della guerra, un’altra avventura simile a questa che ora sarebbe troppo lungo raccontare. Basti dire che riuscì a salvarsi dalla fucilazione, coinvolgendo il maresciallo Graziani e dell’SS-Obergruppenfὒhrer Karl Wolff. Mallaby è morto, per un attacco di cuore, nel 1981. Aveva 62 anni. Restava sua moglie che era stata arruolata nel FANY ( First Aid Nursing Yeomanry- Princess Royal’s Volunteer Corps), come ausiliaria addetta alle comunicazioni con gli agenti del SOE in territorio nemico. Il corpo di “Dick” riposa oggi nel piccolo cimitero di Poggio Pinci, presso Asciano.

http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bundesarchiv_Bild_101I-177-1459-32,_Korfu,_italienische_Soldaten.jpg
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Bibliografia e Riferimenti:

Cfr. Gianluca Barneschi, L’inglese che viaggiò con il re e Badoglio. Le missioni dell’agente speciale Dick Mallaby, LEG edizioni, Gorizia 2013.
Cfr. Melton S. Davis, Chi difende Roma? Rizzoli Editore, Milano 1973
Cfr.Giuseppe Castellano, La guerra continua. La vera storia dell’8 settembre con documenti inediti, Rizzoli, Milano 1963
Cfr. Ruggero Zangrandi, L’Italia tradita. 8 settembre 1943, Mursia editore, Milano 1971
Cfr. Ruggero Zangrandi, 1943: 25 luglio, 8 settembre, Feltrinelli editore,1964.
Malcom Tudor, SOE in Italy 1940-1945. The real story. Emilia Publishing, U.K. 2011.

 

 

 

 

 

 

 

 

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