Si pubblica un capitolo estratto dal libro "Le iscrizioni di Empoli" di Olinto Pogni, Tipografia Arcivescovile, Firenze Via del Moro n° 29, anno 1910, relativo agli stemmi delle famiglie nobiliari presenti nel chiostro della Propositura d'Empoli, con l'esatta trascrizione testuale.
Il “Chiappa”, gabelliere del primo ponte ad Empoli
Pubblicato su “Annunciazione” n° 36 del Marzo 2013, periodico edito e pubblicato dall’Arciconfraternità Misericordia di Empoli.
Il primo ponte ad Empoli, per intendersi quello a tre arcate in pietre e laterizi che vediamo nelle diverse foto d’epoca, fu costruito in epoca leopoldina (ma commissionato da una società anonima di benestanti locali) nel periodo 1852-1855. Intanto diciamo subito che fu realizzato contemporaneamente all’inizio della bonifica del “Piaggione” ovvero l’interramento parziale dell’ex “baia” dell’Arno, termine che rende bene l’idea della maggiore sede golenale del fiume; tra l’altro nell’immaginario collettivo empolese circola la diceria che il toponimo “Bisarnella” corrisponda all’ex secondo ramo dell’Arno separato dall’altro ramo d’Arno dalla presenza del notevole spiaggione di sabbie e ghiaie (indi detto “Piaggione”). Per adesso meglio sorvolare sulla questio di “Bisarnella” perché ciò merita maggiori approfondimenti, basti pensare che fino al 1802 l’intero isolato del Parco Mariambini non era empolese bensì della Comunità di Cerreto Guidi. Incredibile, non è vero? Tornando al ponte “vecchio”, l’intera operazione di interramento del fiume e la congiunta costruzione del ponte fu effettuata con l’accordato diritto di esigere una gabella per il passaggio di merci e persone, oggi la potremmo usare il termine moderno di “project financing”. Nel progetto del “ponte in pietra sull’Arno ad Empoli dell’Ing. Giuseppe Michelacci” dell’anno 1849 erano previste su ogni spalletta del ponte una coppia di torrette che avevano l’evidente funzione di costituire un punto di controllo ed esazione della gabella o pedaggio. Osservando meglio tutte le foto d’epoca dell’Archivio Caponi nonché le svariate cartoline d’epoca pervenute sul sito Della Storia d’Empoli si può osservare che in nessuna foto compaiono queste torrini previsti nel progetto 1849, ma si nota solamente sulla spalla nord (sponda destra per chi guarda il fiume verso valle) la presenza di una modesta casetta edificata sulla spalletta stessa e in quella posizione vien da pensare che in origine fosse stata a servizio del gabelliere/custode; questa casetta confinava a sua volta con la strada di lungarno sia in direzione Sovigliana che in direzione Limite, che ancora oggi costeggiano l’Arno. Orbene si riporta un racconto del Sig. Cioni E., empolese, relativo ad un interessante aneddoto su questo vecchio ponte tramandatosi verbalmente nella sua famiglia fino ad oggi: un suo avo del ramo paterno lavorava alle dipendenze della suddetta Società Anonima quale gabelliere o meglio, esattore della gabella o più modernamente, pedaggio. Carri carichi di merci, persone e quanto altro che preferiva transitare dall’allora “nuovo” ponte doveva pagare la gabella, volente o nolente; l’alternativa era quella di procedere coi secolari navicelli che collegavano le due sponde, magari con minor costo rispetto al ponte, ma assai più scomodo e soprattutto impossibile da fare quando l’Arno cresceva di livello per i periodi piovosi. Il Sig. Cioni racconta per tramandata memoria familiare che questo suo lontano parente era soprannominato “il Chiappa”, per via delle sue capacità di acchiappare i furbacchioni che tentavano di passare approfittando delle assenze o distrazioni del gabelliere. Evidentemente questo appellativo se lo sarà guadagnato in poco tempo, proviamo ad immaginare le scenette di fuga e rincorsa tra questo “Chiappa” e il povero diavolo di turno. La testimonianza riferita non fornisce episodi più particolari, anche se la curiosità rimane tanta circa le gesta e capacità di ricorsa di questo personaggio empolese. A margine di questo articolo, mentre sto scrivendo, sembra assai vicina la data di inaugurazione del secondo ponte, binato o gemellare rispetto al primo già entrato in esercizio. In molti forse non l’avranno notato, ma tra il primo ponte a tre archi e quello nuovo c’è una somiglianza: entrambi non sono complanari, ma leggermente arcuato: osservando bene una foto d’epoca di Empoli, scattata proprio di fianco alla casetta sulla spalla, si nota che pure il ponte vecchio fosse stato costruito leggermente a schiena d’asino, anzi, all’empolese ovvero a schiena di ciuco.
Questo articolo ha 0 commenti