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Roberto Taviani: Padre Nucciotti

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Non mi è facile scrivere qualcosa di Padre Nucciotti, e mai avrei pensato di poterlo fare. Fa parte dei “miei” ricordi lontani, di quelli che di solito si tengono ben nascosti in un angolo remoto del cervello, come si tengono le vecchie cose belle a cui teniamo, in una cassapanca tra la polvere, ben riposte, quasi a volerle proteggere dalla luce. Tutte per noi. Forse per egoismo, o per pudore di metterle in piazza.
Chi non se lo ricorda in Empoli in bicicletta nell’immediato dopoguerra, col suo tonacone nero, quella testina aguzza con pochi capelli, quell’aspetto apparentemente serioso, discreto, a pedalare, attento che la tonaca non gli entrasse tra i raggi. Eh si, di cose doveva averne da fare. Oltre all’impegno agli Scolopi, era il Cappellano delle Giuseppine, il Cappellano del Carcere, quello in via de’Neri che faceva tutt’uno con la caserma dei Carabinieri. Era impegnato con l’orfanotrofio Gerolamo Emiliani. Quello delle “Orfanine” all’angolo tra via Verdi e Via Fabiani.

Fonte dell’immagina: Archivio Taviani

Era animatore della San Vincenzo de’ Paoli. In tempo di guerra, quando L’Ospedale fu trasferito a San Giusto, i miei me lo raccontavano in bici ad ansimare sulla salita di San Giusto per andare ad assistere gli infermi. E poi… era stato compagno di scuola di zio Sandro. Io che dalle medie andavo agli Scolopi, me lo ricordo bene però dagli anni del Liceo. Si in prima Liceo Scientifico. Una mattina si presenta in classe, di buonora <oggi c’è la corsa campestre, chi vuol partecipare> tutti zitti. Ci guardò di sottecchi, senza commentare, ma sembrava dicesse, che classe di smidollati, guardate che lo sport, l’attività fisica è importante nella vita. Non si deve solo studiare. Io che tra parentesi quanto ad attività fisica son sempre stato una negazione, senza un briciolo di allenamento… mi buttai… la fo io. Per fortuna avevo il sacco con le scarpe da ginnastica e la tuta perché appunto quel giorno c’era ginnastica.

Me lo ricordo come fosse ora, al “vecchio Castellani”, arrivai buon ultimo, con la lingua fori, i’ fiatone… una faticaccia da non dire. Importante era partecipare…diceva qualcuno. In seconda Liceo, me lo ritrovo come Insegnante di storia e poi in quarta e quinta di storia e di filosofia. E’ durante questi anni che ho cominciato ad apprezzarlo “alla grande”, come insegnante, come Persona, come Educatore, come Maestro di vita. In genere alle sue lezioni…si stava attenti. Però, quando gli sembrava che qualcuno fosse distratto, c’era “il lancio delle chiavi”. Le teneva sempre pronte sulla cattedra ed all’occorrenza… lancio millimetrico sul banco del distratto. Tutto si risolveva con uno scossone dell’interessato, una risata degli altri e… la lezione continuava.

Fonte: archivio Taviani

Senz’altro lo consideravo un “modello” anzi il “modello da imitare”. A parte il saper rendere simpatica, facile e digeribile “la filosofia” a noi dello Scientifico e ad almeno tre quarti degli studenti empolesi d’allora. Poi c’è tutto il resto. Era una persona apparentemente schiva, di poche parole, dovevi capirlo dall’espressione del volto, da pochi gesti, ma ti dava delle “dritte” di vita, di etica, di morale, delle quali non potevi non tenere di conto. Il Suo comportamento, i gesti, le espressioni, le poche parole, erano sufficienti. Non era fazioso, non ti imponeva la sua idea, anzi non te la diceva nemmeno. Erano tempi difficili, di fazioni, di steccati contrapposti. Con la storia si fermava a fine ottocento… poi… diceva, ora ci si ferma, perché dopo (eravamo negli anni 50)… è cronaca. Quasi a dire bisogna lasciar sedimentare, noi non possiamo essere obiettivi. Erano tempi che molti avevano scheletri negli armadi.

Negli “educatori” non doveva esserci faziosità, ma rispetto per tutti, anche per chi la pensava diversamente. Questo è il messaggio che credo di aver ricevuto da Lui, anche se non ce lo ha mai detto esplicitamente. Pur Cattolico, Militante, non certamente “tifoso” diciamo del “Blocco dei paesi dell’est”, aveva adottato come testo di Storia il Trattato del Prof. Saitta. Storico molto impegnato di area “socialista”. Però storico “vero”.Quando andavamo a dare l’esame di maturità a Firenze, i Professori di là, si meravigliavano che una “Scuola di Preti” studiasse su quel testo. E poi… ma questa è cronaca recente, la Sua apertura mentale non gli di certo impedito di aver avuto come “Insegnanti” “Colleghi”e “Amici” persone… di altra sponda, di quella che si poteva pensare la Sua… nel più assoluto rispetto reciproco. Un brutto giorno il 14 Dicembre 81, se n’è andato in punta di piedi. Portato via da un brutto tumore polmonare. Eravamo proprio in tanti in Sant’Agostino ad accompagnarlo quella sera. 

Questo post ha un commento

  1. Grazie, che bella immagine e che bel ricordo di mio cognato!
    I fratelli Nucciotti (quattro) sono purtroppo tutti scomparsi, restano quattro nipoti.
    Caterina, una nipote affezionatissima allo zio, mi ha passato questo testo.
    Cordiali saluti
    Vanna Nucciotti

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