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Ragionamento tra Giorgio Vasari e il Principe Francesco de’ Medici sull’Assedio di Empoli 1530

Si propone la lettura relativa all’Assedio di Empoli del 1530 di cui si riporta dettagliato estratto dai “Ragionamenti di Giorgio Vasari, pittore e architetto aretino sopra le invenzioni da lui dipinte in Firenze nel Palazzo di loro altezze serenissime con lo illustrissimo ed eccellentissimo Don Francesco de’ Medici allora Principe di Firenze”, in particolare nel passo della “Giornata Seconda – Ragionamento Quarto” quando è a colloquio col suddetto Granduca. Il testo consultato è conservato[1] presso la Fine Arts Library – Fogg Art Museum della Harvard University, a catalogo FA236.1.6 che si ringrazia per la sua pubblicazione integrale online.

Questi “Ragionamenti” furono un’opera postuma dell’artista Giorgio Vasari e pubblicate per la prima volta coi torchi di Filippo Giunti nell’anno 1588 per cura e commissione del suo stesso omonimo nipote Cav. Giorgio Vasari. Nel 1762 furono ristampati in Arezzo con annotazioni; e senza annotazioni invece furono ristampate da Stefano Audin nell’edizione fiorentina di tutte le opere Vasariane del 1822-23; e nella successiva dell’Antonelli prodotta a Venezia dal 1828 al 1830. La parte terza dei Ragionamenti, che comprende la descrizione commentata delle Pitture del gran salone di Palazzo Vecchio, era stata riprodotta separatamente da Giuseppe Molini nel 1819 in occasione di una festa in onore per l’Imperatore d’Austria Francesco I°.
Nel caso di Empoli, si riporta la parziale trascrizione attinente alla conversazione[2] tra il pittore Giorgio Vasari e il Principe Francesco de’ Medici mentre parlano dell’Assedio della castello di Empoli avvenuto nel 1530.
La conversazione estratta comincia passando in rassegna brevemente l’affresco relativo al castello di Lastra a Signa, incentrandosi poi sull’adiacente affresco sull’assedio di Empoli del 1530 circostanziando dettagli di tattiche ed eventi militari del Principe d’Oranges che ebbe a capitanare questa operazione militare; la conversazione prosegue interrompendo la descrizione su Empoli in quanto passano a disquisure sul bastione di San Giorgio di Firenze.

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G
. Questo è il castello della Lastra vicino al Ponte a Signa in su la riva d’Arno il quale, come sapete, fu preso da Oranges: v’era dentro tre insegne di fanteria, le quali non poterono aver soccorso così a un tratto di Firenze.

P. Sapevo che Oranges andà a questa espugnazione con quattrocento cavalli, e millecinquecento fanti, e quattro pezzi d’artiglierie: ma ditemi, quest’altro quadro, ch’io veggo dipinto accanto alla finestra, mi pare il castel d’Empoli.
G. Signore, io l’ho ritratto dal naturale appunto; i Fiorentini in questa guerra avevano disegnato far massa di nuove genti in quel castello, sperando con la gran comodità, e fortezza del sito mettere in gran difficoltà lo esercito, che era alloggiato da quella parte d’Arno; e pensavano con questo castello sì forse tenere aperta la via, e far comodità delle vettovaglie, che venivano alla città, delle quali cominciava a patire grandemente; là dove intese queste case, il principe d’Oranges venne in speranza di pigliarlo sicuramente, sendoli stato referto che Ferruccio, nella sua partita per Volterra, vi aveva lasciato poca gente sotto l’obbedienza del commissario, il quale era poco esperto della guerra, ma sì bene svisceratissimo della fazion popolare. Fu dato il carica al marchese del Vasto, ed a Don Diego Sermento con molte compagnie di Spagnuoli, soldati vecchi, i quali giunti a Empoli si accampano, come vede Vostra Eccellenza, e fermano i padiglioni intorno al fiume Orma, ed ordinano, come dichiara quella pittura, battere da due luogi la muraglia; vedete di verso tramontana lungo il fiume d’Arno, dove è dipinta la gente del signore Alessandro Vitelli che combatte, e qui disotto è ritratto la pescaia, e rotte le mulina, ove è fatto quell’argine per seccare i fossi intorno alle muraglia, affinché i soldati vi si potessino avvicinare, la quale fu aperta con dugento colpi d’artiglieria, fatti tirare dal Cancella Pugliese, maestro dell’artiglieria; ed ebbono ardire i soldati salir su per le rovine, ed entrar nella terra per il rotto della muraglia, ma con gran danno e morte loro; e poco dopo il parlamento fatto al Giugni commissario, per non pensare egli a’ nimici, mentre che era a tavola venne un impeto di soldati, e con non molto contrasto entraron dentro per le rovine, che Vostra Eccellenza vede, dal muro rotto, e si messono a saccheggiare il castello.
P. Tutto so, e certamente che la fu perdita di gran momento alla città, che in vero gli privò quasi di tutte le speranze che avevano, e tanto più che in que’ medesimi giorni seppono che il re di Francia aveva pagato, secondo le convenzioni, la taglia, e riavuto i figliuoli ostaggi, quali erano nelle mani di Cesare; ed ancorchè Pierfrancesco da Pontremoli confidente suo in Italia cercasse di trattar l’accordo con i Fiorentini, sendo di già partiti gli ambasciatori del re, perderono nondimeno le speranze, e tutti gli aiuti che avevano in Sua Maestà: ma ditemi, che cosa è questa, che segue in quest’altro quadro lungo che mette in mezzo la finestra?
G. Signore, questo è quando a’ 25 di Marzo, finita la trincea dirimpetto al bastione di S. Giorgio si fece quella scaramuccia, nella quale quelli di fuori riceverono assai danno, onde Oranges si risolvè far battere la torre posta sul canto a S. Giorgio, che volta verso la porta Romana, la quale offendeva gagliardamente l’esercito; vedete che ho fatto in pittura i bastioni di S. Giorgio, e i gabbioni sopra la trincea del Barduccio con le artiglierie che la battono; che avendone tirato più di dugento colpi, senza danneggiarla in conto alcuno, si rimasero per ordine del principe tirarvi, poichè gittavano il tempo e la spesa indarno.
….omissis>>

Note e Riferimenti bibliografici:
[1] Link della fonte: http://books.google.it/books?hl=it&id=8LIDAAAAYAAJ
[
2] Ibidem, pag 1393

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