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Empoli nella guida del Carocci pubblicata nel 1906

Una guida turistica delle nostre zone, curata da Guido Carocci e pubblicata nel 1906 dall’Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo. Guido Carocci, della Soprintendenza Regia alle Gallerie Fiorentine, fu il riordinatore delle opere presenti nella Pinacoteca delle nostra Collegiata, in collaborazione con il Proposto Gennaro Bucchi. Riportiamo un estratto dal libro.

Per chi desiderasse leggere o scaricare l’intero volume, dal momento che i copyrights sono scaduti, è possibile farlo attraverso il sito Archive.org.
Nel presente articolo invece si riporta in versione scaricabile la versione attinente alla comunità di Empoli.

 Copertina, pubblicata su Smartarc San Miniatoguida-del-carocci


L’ARNO PRIMA DI MONTELUPO.

La storia della ceramica di Montelupo meriterebbe una diffusa illustrazione che nel caso nostro sarebbe superflua ed inopportuna: basterà rilevare che allo sviluppo artistico di questa produzione locale influirono specialmente gli artefici che, chiamati qui da Faenza fino dal XV secolo, seppero imprimerle il gusto e la leggiadrìa propri di quell’arte fiorentissima nella loro città. Montelupo ha saputo serbare fino a’ nostri tempi una certa supremazia in tal sorta di lavori, e se negli ultimi tempi il sentimento artistico cedette completamente il posto ai generi d’uso comune, oggi quel sentimento torna ad allietare i prodotti delle sue vecchie fornaci.

Edifizi d’importanza speciale non esistono in questo pittoresco luogo. Il Palazzo Pretorio, oggi del Comune, non serba che gli stemmi di alcuni Podestà che vi risiedettero, il vecchio castello e la chiesa che vi stava dentro non son più che un ammasso di rovine, e nulla d’interessante si riscontra nemmeno nella casa dove la tradizione afferma avesse i natali Baccio da Montelupo, valente scultore della prima metà del XVI secolo.

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MONTELUPO.

La Pieve di S. Giovanni Evangelista, riedificata nel XVIII secolo, non ha altro d’importante che alcune opere d’arte che vi furono trasportate dalla cappella della rocca e dalla vetusta Pieve di S. Ippolito, che sorge a qualche distanza dal castello. Di queste opere le più importanti sono due antiche tavole: una che rappresenta l’incoronazione della Vergine in mezzo ad angeli e a cherubini, opera della prima metà del XV secolo; l’altra nella quale sono raffigurati la Vergine ed il bambino fra i Santi Lorenzo, Giovanni Battista, Agostino e Rocco, dipinto pregevolissimo per composizione, per disegno e per colorito, che può ritenersi uscito dalle mani di Sandro Botticelli.

La vecchia Pieve di S. Ippolito, posta a breve distanza da Montelupo, a destra della Pesa, è un edifizio dell’XI secolo, colle mura a filaretto di pietra e le finestrelle a feritoja. Nell’interno, in gran parte trasformato, non rimane che un grandioso ciborio di marmo colla raffigurazione dell’Annunciazione e una grande dovizia di leggiadri adornamenti che ricordano la maniera di Mino.

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PIEVE DI S. IPPOLITO IN VAL DI PESA PRESSO MONTELUPO.

Sant’Ippolito è posta lungo la via che guida in Val di Pesa, una vallata fertile ed ubertosa, sparsa di castelli e di località importantissime per ricordi storici, ricca di palagi campestri e di chiese che accolgono larga dovizia di opere d’arte. Ma Val di Pesa per queste ragioni ha dato argomento ad interessanti studi illustrativi, nè consentirebbe il cenno fugace che potremmo qui dedicarle. Ad ogni modo, trattandosi di località non troppo lontana dalla valle dell’Arno, non sappiamo resistere al desiderio di additare uno dei luoghi, che nei rispetti dell’arte, come in quelli della storia, offre una speciale attrattiva; vogliamo dire il castello di Monte Gufoni, la forte residenza degli Acciajuoli, dimora di Messer Niccolò Gran Siniscalco del Regno di Napoli, quando deliberò la costruzione della celebre Certosa del Galluzzo, la villa mirabilmente splendida e suntuosa di quella potente famiglia, ridotta oggi ad un modesto asilo di numerose famiglie. Lo abbiamo fatto anche per offrire ai nostri lettori la riproduzione di una bella stampa dello Zocchi, dalla quale si può avere un’idea della grandiosità e delle bellezze della villa e del superbo parco che un giorno l’allietava.

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MONTELUPO — CHIESA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA. BOTTICELLI: MADONNA COL BAMBINO E SANTI.

Ed ora, chiusa questa breve divagazione, ritorniamo senz’altro sulle rive dell’Arno.

Dice un vecchio dettato fiorentino:

Da Montelupo si vede Capraja,

Dio fa le persone e poi le appaja.

Capraja sorge dirimpetto a Montelupo sopra ad un poggetto scosceso che colle sue balze franose va lentamente precipitando nell’Arno che ne corrode la base. Di origine remota, fu il castello, feudo di un ramo dei Conti Alberti di Mangona che si chiamò dei Conti di Capraja, famiglia che ebbe grande autorità ed importanza, tanto che varî individui da essa derivanti, chiamati in Sardegna, furono Giudici o governatori della Gallura e di Arborea. Ma a parte i diritti dei suoi conti, su Capraja dominarono soprattutto i Pistojesi i quali nelle fiere lotte delle fazioni, tennero costantemente ben munito quel forte castello che poteva considerarsi come una vedetta, come una minaccia permanente a danno dei luoghi dell’opposta riva del fiume facenti parte del contado fiorentino. Ciò che dette ragione ai Fiorentini di edificare proprio di fronte a Capraja, per paralizzarne l’azione, il forte castello di Montelupo.

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CIBORIO DEL XV SECOLO. NELLA PIEVE DI S. IPPOLITO PRESSO MONTELUPO.

A Capraja, se ne togli il pittoresco aspetto della sua giacitura, nulla attrae l’attenzione del visitatore. Nella sua pieve nessun oggetto d’importanza, della sua rocca restano appena poche tracce insignificanti; e dei suoi fabbricati parte sulla piaggia del monte, parte arrampicati sulla ripida pendice o sorgenti sul piano, nessuno presenta un interesse architettonico.

Qualche fornace che sorge sulla riva dell’Arno, coi suoi prodotti d’uso comune e con artistiche riproduzioni, fa oggi la concorrenza a Montelupo, quasi ad evocare il ricordo delle vecchie gare che spingevano l’un contro l’altro gli abitanti dei due castelli, mentre ora non si tratta che di pacifiche concorrenze industriali.

Al di là di Montelupo, oltrepassato il fiume Pesa, sorge l’Ambrogiana, grandioso edifizio dominato da torri che sorgono su ciascuno dei suoi quattro angoli. Fu in origine un palazzo di campagna della famiglia Ambrogi, donde le venne il nomignolo di Ambrogiana; poi fu degli Ardinghelli e successivamente passò fra i domini della corte Medicea. Non fu mai un vero e proprio luogo di villeggiatura della suntuosa famiglia toscana, ma una semplice stazione, un luogo dove facevano sosta i Granduchi e i Principi, allorché nelle loro pesanti e sfarzose carrozze viaggiavano fra Firenze, Pisa e Livorno. Nelle ampie sale terrene sedevano a mensa o riposavano i regali personaggi quando, per romper la monotonia della lunga gita o per sfuggire alle burrasche od alla sferza del sole, trovavano qui un comodo asilo, mentre le vaste scuderie accoglievano le grandiose carrozze e il gallonato personale di servizio.

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MONTELUPO — CASTELLO DELL’AMBROGIANA.

Ma l’Ambrogiana non ebbe ne’ tempi moderni il vanto di ricordare il fasto dei secoli passati, perchè, abbandonata dagli ospiti illustri, servì prima di carcere femminile, poi fu destinata modernamente ad accogliere, come manicomio penale, una falange di degenerati e di furfanti.

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VILLA DELL’AMBROGIANA (DA UNA STAMPA DELLO ZOCCHI).

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CASTELLO DI MONTE GUFONI IN VAL DI PESA (DA UNA STAMPA DELLO ZOCCHI).

Oltrepassati i due poggi di Montelupo e di Capraja, la valle dell’Arno si allarga nuovamente per formare la vasta pianura empolese, ai lati della quale fanno ala le dolci e fiorenti colline e le alte poggiate.

Sulla destra, il Montalbano inalza la sua vetta maestosa che domina il Valdarno e la pianura pistojese. Su quella vetta un delizioso casino offre un comodo rifugio e serve di luogo d’osservazione per godere il panorama infinito che da ogni lato attorno ad esso si distende. Di lassù l’occhio si posa su Firenze mollemente assisa fra la deliziosa corona dei suoi colli, si spinge fino alle vette eccelse e nevose dell’Apennino, dopo esser passato sui caseggiati delle città di Prato e di Pistoja; dall’opposto lato la visuale va fino ai monti di Volterra ed al lontano Monte Amiata, per giungere, seguendo il corso dell’Arno, fino al mare, che nei lieti tramonti estivi scintilla come un’aurea lastra, come una linea di fuoco.

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CHIESA DI S. GIUSTO SUL MONTE ALBANO.

Sulle cime del Montalbano spiccano colle loro masse brune la torre di Sant’Allucio che la tradizione addita come rifugio solingo di quel romito errabondo, le rovine [59]maestose della chiesa di S. Giusto, un edifizio del X secolo, che fu per pochi secoli asilo di solitari monaci e la vecchia badia benedettina di San Baronto, dove su prati verdeggianti si festeggia annualmente, coi canti, colle danze campestri e coi giocondi ritrovi, la venuta del maggio fiorito e ricreante.

Dalle balze di Montalbano si stacca la lunga linea di basse colline, che popolate di paesi, di villaggi e di case fanno argine dal lato di tramontana alla pianura solcata dall’Arno.

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CHIESA DI S. GIUSTO SUL MONTE ALBANO.

Sulla quieta riva del fiume è Limite, un villaggio popoloso che per la sua felice giacitura, per la prosperità del commercio ha modernamente tolto al vecchio castello di Capraja il diritto d’esser sede dell’antico comune. Limite possiede una specialità degna di nota. Posto sulla sponda di un fiume che non è quasi mai navigabile, esso ha un cantiere navale, antico e riputatissimo, che vara annualmente dei piccoli bastimenti costruiti con tutte le regole e con tutte le forme prescritte dalla scienza marinaresca!

Sulla sinistra sponda dell’Arno altre colline, che formano l’estreme pendici di un contrafforte che divide le due valli della Pesa e dell’Elsa, inalzano il loro pittoresco profilo. Più alta di tutte le altre è quella di Monte Castello, dove una villa signorile occupa il luogo di una rocca fortissima che da otto secoli appartiene alla celebre famiglia fiorentina de’ Frescobaldi.

Giù nel piano poi, fra Montelupo ed Empoli, si succedono lungo la via Pisana borghi e casali popolosi.


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PONTORME PRESSO EMPOLI — VIA JACOPO CARRUCCI.

Primo: la Torre che prende nome dalla torre di un vecchio e ben difeso mulino sull’Arno, poi Fibbiana che ha nella sua chiesa una statua di S. Rocco di Giovanni Della Robbia, quindi Cortenova dove la chiesa di S. Maria conserva una Annunciazione dipinta a fresco dai Gaddi e finalmente Pontorme. Il torrente Orme che scende dai poggi di Montespertoli ed il ponte turrito che un giorno lo attraversava, dettero il nome e lo stemma al castello ed al comune, riuniti più tardi a quello di Empoli.

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FIRENZE — PALAZZO VECCHIO — ESPUGNAZIONE DEL CASTELLO D’EMPOLI (AFFRESCO DEL VASARI).

Il castello di Pontorme, ai ricordi della sua storia interessante fin dai tempi della dominazione feudale e soprattutto nelle vicende delle lotte fra le repubbliche toscane, unisce il vanto di essere stato culla di un geniale artista del XVI secolo, Jacopo Carrucci, che dal nome del loco natìo volle chiamarsi il Pontormo. A lui appartengono due tavole rappresentanti S. Giovanni Evangelista e S. Michele Arcangelo che adornano un altare della chiesa principale del vecchio castello, S. Michele Arcangelo, chiesa che conserva pure un dipinto ritenuto del Cardi da Cigoli, un altro del Macchietti e un caratteristico fonte battesimale del XIV secolo collo stemma del Comune.

Pontorme, che non possiede più nè il suo ponte turrito, nè le sue torri, nè le mura, distrutte da una piena dell’Orme, è oggi un popoloso e industrioso sobborgo della vicina terra di Empoli.

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EMPOLI — FACCIATA DELLA COLLEGIATA DI S. ANDREA.

EMPOLI.

Vi fu un tempo nel quale Empoli fu il centro commerciale più importante di tutto il contado fiorentino. Posta nel mezzo della Toscana, dove convergono gli stradali che la valle dell’Arno mettono in comunicazione colle contrade più popolose e più ricche della nostra regione, circondata da campagne feracissime e da luoghi popolosi, la terra d’Empoli fu come una grande stazione, un immenso deposito di tutti i prodotti del suolo, di tutte le merci che servivano ai bisogni di una gran parte della città e dei paesi di Toscana. Forse da questa sua qualità di emporio di commercio, fiorentissimo fino dall’epoca lontana de’ feudi imperiali ne’ quali era qui un notissimo mercatale, deve rintracciarsi l’origine del nome di Empoli.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — DOSSALE D’ALTARE DEL XV SECOLO.

La sua storia sarebbe lunga e difficile a riassumersi, perchè si connette agli avvenimenti più importanti della storia generale della regione nostra.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — DOSSALE D’ALTARE.

Certo fu qui un vico e forse di un certo interesse, anche ne’ tempi Romani, a giudicarlo dai molti frammenti di marmoree decorazioni scavati nel suolo rialzato dalle alluvioni dell’Arno ed impiegati anche nella costruzione della facciata della pieve, una delle più antiche e più famose di Toscana. E fu dinanzi a questa pieve quel mercatale ricordato fin da’ tempi in cui, protetti dall’autorità imperiale, dominavano sui luoghi vicini i Conti Guidi, i Conti Cadolingi ed i Conti di Capraja, mentre attorno ad essa, lungo la grande strada Pisana, si formava un popoloso borgo che fu il primo nucleo del nascente castello.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — ANGELI DIPINTI DAL BOTTICINI, NEL DOSSALE D’ALTARE.

Liberata con pertinaci ed ardite intromissioni, colla forza delle armi e coi trattati, questa plaga del Valdarno dalla prepotenza audace dei signorotti, la Repubblica di Firenze dedicò ogni sua cura a dar largo sviluppo a questo luogo che doveva esser per lei e per il suo commercio centro di prosperità e di forza, e dopo averlo munito di mura gagliarde, di torrioni e di fossati, dette forma e regolarità all’interno fabbricato, traendo dall’esempio delle antiche colonie Romane quel tipo regolare, adottato successivamente nella costruzione di tutti i castelli del contado fiorentino.

Lotte, assedî, scorrerie, invasioni, saccheggi non mancano di essere registrati nella storia del castello di Empoli, il quale, come fu oggetto di grandi premure per parte dei Fiorentini, così fu costantemente mèta delle ambizioni e dei desiderî delle altre repubbliche rivali e di quella di Pisa in ispecie.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — LORENZO MONACO: MADONNA E SANTI.

De’ molti avvenimenti che alla storia empolese si riferiscono, due specialmente meritano d’esser rammentati: il celebre consiglio che i Ghibellini vittoriosi a Montaperti tennero qui nel 1260 e nel quale sarebbe stata inesorabilmente deliberata la totale distruzione di Firenze, se Farinata degli Uberti con nobile e fiera arditezza non avesse difesa la patria a viso aperto; l’altro la espugnazione del castello per parte delle truppe mercenarie che muovevano ai danni di Firenze, avvenuta il 29 maggio del 1530, più che per valore di nemici o per impotenza degli assediati, per debolezza e forse per tradimento di due degeneri cittadini di Firenze.

La caduta d’Empoli, che il Guicciardini chiamò il granajo della Repubblica di Firenze, fu il colpo più fatale per la minacciata città, la quale, stretta da ogni parte, impotente a rifornirsi di vettovaglie, dovette cedere e rinunziare per sempre alla sua gloriosa libertà.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — ANNUNCIAZIONE, ATTRIBUITA AL BOTTICINI.

Empoli non è oggi meno importante di quel che fosse in antico per il suo movimento commerciale, per numero di abitanti, per le industrie che vi prosperano, e si potrebbe annoverare fra le città considerevoli della Toscana, se qualche decreto degli antichi sovrani le avesse concesso questo titolo in luogo di quello precedentemente assegnatole di terra nobile.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — S. BIAGIO.

Ben fabbricata, ricca di chiese e di palazzi che sorgono sulle vaste e decorose piazze e lungo le vie ampie e dritte, Empoli va di continuo allargando il suo caseggiato, tanto dalla parte della ferrovia, quanto da quella dell’Arno, dove sono sorti nuovi ed eleganti quartieri, resi più gai da vaghi giardini e da ombrosi viali.

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BOTTICINI (?): SETTE ANGELI CHE SUONANO.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA. MINO DA FIESOLE: LA MADONNA COL FIGLIO.

Degli edifizi empolesi il più importante è la chiesa collegiata di S. Andrea che gli storici fanno risalire al V secolo e che nel corso degli anni subì innumerevoli trasformazioni, suggerite dallo svolgersi del gusto e del sentimento artistico. La parte più antica dell’edificio è la sezione inferiore della facciata, incrostata di marmi bianchi e neri disposti in forma identica a quella di altre chiese di Firenze e del suo territorio, come S. Salvatore del Vescovo, S. Miniato al Monte, la Badia Fiesolana. Una iscrizione incisa nel fregio superiore, determina l’epoca della costruzione, l’anno 1093. L’interno, che doveva essere d’aspetto grandioso e solenne, diviso in tre navate coperte da tettoje a cavalletti, fu ridotto nel secolo XVIII allo stato presente dall’architetto Ruggeri, il quale volle pur completare la facciata deturpandola con una goffa imitazione delle parti originarie. Della primitiva struttura del tempio non restano che poche tracce. Ciò che sussiste e che dà al monumentale edifizio un’altissima importanza è la ricchezza non comune delle opere d’arte che adornano la chiesa e che costituiscono il ricco corredo di una Pinacoteca, modernamente raccolta ed ordinata nell’ampia cappella di S. Sebastiano ed in altri locali attigui.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — DELLA ROBBIA: DOSSALE D’ALTARE CON LA VERGINE E SANTI.

Tanta dovizia ci costringe, data l’indole di questa illustrazione, ad un fugace e semplice accenno delle opere più rilevanti.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — DELLA ROBBIA: DOSSALE D’ALTARE CON S. ANSELMO E SANTI.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — DELLA ROBBIA: MADONNA COL FIGLIO.

Principale adornamento della Galleria Empolese, costituita fin dal 1859, è il dossale d’altare che accoglie nella nicchia centrale la vaghissima statua di S. Sebastiano, squisitamente scolpita da Antonio Rossellino e che è posta in mezzo a due tavole con angeli dipinti da Francesco di Giovanni Botticini. Delicatissime sono le storiette del gradino, mentre le decorazioni ornamentali in legno, di una eleganza e di un gusto delicato, sono opera del legnajuolo fiorentino Cecco Bravo. Un altro dossale è pure di grande interesse: lo scolpì lo stesso intagliatore valentissimo e le due tavole nelle quali sono effigiati S. Andrea Apostolo e S. Giovanni Battista sono dello stesso Botticini, uno dei più fedeli e valenti discepoli del Verrocchio. Di quest’opera egli ebbe commissione nel 1484; ma la morte lo colpì prima d’averla compiuta, talchè il lavoro dovette esser finito dal figlio di lui Raffaello, pur esso artefice di alto ingegno. Lorenzo Monaco degli Angeli è rappresentato in questa raccolta dall’ancona nella quale si vede la Vergine col bambino Gesù seduta fra i santi Pietro, Giovanni Battista, Domenico e Antonio Abate, e fors’anche nel trittico proveniente dalla Pieve di Monterappoli e in due altri laterali di trittico. Oggetto di vive discussioni fra i critici è stata la tavola raffigurante l’Annunciazione, nella quale a taluni sembra veder la mano di Filippino Lippi, ad altri quella dello stesso Botticini; al quale si attribuisce pure una tavoletta con varî angeli danzanti deturpata da barbarici restauri. Altre opere di pittura si additano come cose di Bicci di Lorenzo, di Pier Francesco fiorentino, di Lorenzo di Credi, di Fra Bartolommeo. Varî dipinti sono fra le opere certe di due pittori, diremo così locali, l’Empoli ed il Cigoli. Copiosa è poi la raccolta di tavole della maniera giottesca, tantochè si potrebbe dire che la piccola Pinacoteca di Empoli, nei dipinti che la costituiscono, riassume rapidamente lo svolgimento dell’arte fiorentina dal XIV al XVII secolo.

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EMPOLI. BATTISTERO. MASOLINO DA PANICALE: PIETÀ.

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EMPOLI — GALLERIA DELLA COLLEGIATA — PILA.

Notevoli sono pure diversi lavori di scultura e di plastica. Una Madonna col bambino, gentile lavoro di schiacciato rilievo, è, non senza ragione, attribuita a Mino: di terrecotte invetriate, oltre al gruppo della Vergine col bambino Gesù che stava già all’esterno del Palazzo Pretorio e che fu perciò vandalicamente deturpato, è da attribuirsi ad Andrea Della Robbia anche un tondo colla mezza figura dell’Eterno Padre. Dei tre dossali d’altare con altorilievi in terracotta colorita, senza invetriate, provenienti dalla chiesa di S. Maria a Ripa, due presentano qualità che li farebbero ragionevolmente attribuire alla maniera di Giovanni Della Robbia. Generalmente però, si davano come lavori di Giovanni Gonnelli detto il Cieco da Gambassi, mentre per uno solo vi sarebbero caratteri approssimativi per giustificare cotesta attribuzione. Del resto è abbastanza noto che in altri tempi, come si davano per cose di Luca Della Robbia tutti i lavori di terracotta invetriata, così si battezzavano col nome del Cieco da Gambassi tutte le terrecotte colorite e mancanti d’invetriato; naturalmente, più tardi, la critica ha pensato a metter le cose a posto.

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EMPOLI — CAPPELLA DELLA MISERICORDIA IN S. STEFANO — BERNARDO ROSSELLINO: L’ANNUNCIAZIONE.

La chiesa di S. Andrea, per quanto spogliata a profitto della Pinacoteca, non è restata del tutto priva di opere d’arte; una tavoletta fa pensare a Cimabue; vi sono dei frammenti di affreschi giotteschi, un dipinto del Ligozzi, una piletta della maniera di Donato Benti, un caratteristico leggìo di bronzo, mentre nella cappella del Battistero l’attenzione del visitatore è attratta dall’affresco murale che la critica giudica unanimemente come opera di Masolino da Panicale, da due statue di legno colorite del XV secolo e dall’elegante e originale fonte battesimale che si vuole della scuola di Michelozzo.

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EMPOLI — CHIESA ALLA MADONNA DEL POZZO O DI FUORI.

La chiesa di S. Andrea a Empoli ha un bel campanile di stile ogivale del XV secolo, quel campanile dal quale, seguendo uno strano e ridicolo uso, si faceva annualmente «volare» sulla sottostante piazza — abbandonandolo lungo una corda tesa, in declivio — un povero somaro nobilitato dall’appendice di due ali dorate.

Dopo la Collegiata, l’altra chiesa più importante di Empoli è quella di S. Agostino, già di S. Stefano, che serba tracce della sua struttura del XIV secolo. In essa pure sono degne di nota alcune opere d’arte: la tavoletta di S. Niccolò da Tolentino del Bicci, una lunetta colla Vergine, il bambino e due angioli di Masolino, e, pregevoli soprattutto come esempi geniali d’arte decorativa, gli ornamenti di legname intagliato e dorato di due altari del XVII secolo.

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EMPOLI — PORTA PISANA.

La Cappella dell’Annunziata, oggi sede dell’Arciconfraternita della Misericordia, ha sull’altare le due figure in marmo di tutto rilievo dell’Annunciazione, scolpite da Bernardo Rossellino.

Più moderna è la chiesa della Madonna del Pozzo o di fuori, ridotta alla forma presente nel 1621 dal Fracassa, architetto empolese, il quale seppe darle un aspetto gajo, armonioso e correttissimo di forme.

Porta Pisana, celebre pei ricordi dell’assedio, trasformata da Cosimo I de’ Medici per ragioni di difesa, il palazzo Martelli dove vuolsi che si adunasse il celebre consiglio dei Ghibellini dopo Montaperti e che ha la facciata adorna di affreschi della fine del XVI secolo, i resti della Rocca, incorporati nella fabbrica dello Spedale, la grandiosa fontana scolpita dal Giovannozzi, sono le altre cose che attraggono l’attenzione di chi visita questa terra che ai ricordi gloriosi della sua storia accoppia le eleganti e gaje manifestazioni della vita moderna.

già pubblicata: https://www.dellastoriadempoli.it/guido-carocci-il-valdarno-da-firenze-al-mare/
Porta Pisana

EMPOLI — BATTISTERO — PARTICOLARE DEL FONTE BATTESIMALE.

Empoli giace in mezzo ad uno dei tratti più ampi ed aperti del Valdarno Inferiore. Appoggiata da un lato all’argine dell’Arno, ha tutt’all’intorno un estesissimo raggio di pianura. Le colline che corrono parallele al corso del maggior fiume toscano par che in questo punto si siano tratte indietro per costituire come un contr’argine o, meglio ancora, un immenso anfiteatro. All’estremità di questo anfiteatro s’inalzano come tante vedette, Montalbano e il Monte Pisano da un lato, Monte Castello e il poggio di San Miniato dall’altro.

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EMPOLI — CHIESA DI S. MARIA A RIPA — DELLA ROBBIA: S. LUCIA.

Sulla linea delle basse colline, ogni prominenza è occupata da un grosso paese, da un castello, da un villaggio. Sulla destra del fiume, Vinci, Vitolini, Lamporecchio, Larciano, Cerretoguidi, Petrojo, Fucecchio, S. Maria a Monte, Montecalvoli, Montecchio; sulla sinistra, Samontana, il Cotone, Monterappoli, la Bastia, San Miniato, Cigoli, Montopoli, Marti. A tramontana par che la linea di colline si sia abbassata per permetter la vista de’ poggi leggiadri della Valdinievole, sui quali si adagiano Monte Vettolini, Monsummano alto, Montecatini, Massa, Cozzile, Colle, Stignano, Buggiano, Uzzano. E dietro a questa doppia barriera di colli, inalzano le maestose e frastagliate vette gli Apennini Pistojesi, i monti di Lucca e lontano lontano i picchi delle Alpi Apuane biancheggianti, ora per i marmi che spuntano da’ fianchi squarciati dalle mine, or per le nevi che vi si addensano sfidando la potenza del sole estivo.

Nei piani feraci per i rigogliosi vigneti e per gli orti fecondi, sono di tanto in tanto densi aggruppamenti di case dai quali spiccano le vette aguzze dei campanili delle chiese di antica origine, deturpate tutte, più o meno, dalla meschina manìa di modernità, ma quasi tutte rallegrate dal fascino di qualche prodotto del genio artistico, prodigiosamente sfuggito all’avidità ed all’incuria.

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EMPOLI — CHIESA DI S. MARIA A RIPA — LA VERGINE IN GLORIA, DI GIOV. ANT. SOGLIANI.

S. Maria a Ripa, un antico convento francescano sorto per la munificenza degli Adimari di Firenze presso al luogo dove fu il borgo di Empoli Vecchio, ebbe un giorno ricchezza straordinaria di opere di plastica soprattutto; e alla soppressione delle corporazioni religiose, molte di esse andarono ad accrescere la nascente pinacoteca della Collegiata d’Empoli. Però altre ne rimasero che valgono a conservare tuttora alla graziosa chiesa una importanza artistica non comune. Basta ricordare la statua di S. Lucia, una delle figure più realistiche, più animate che siano state immaginate da Giovanni Della Robbia, un bassorilievo robbiano attribuito al Cieco da Gambassi, una tavola della maniera di Fra Bartolommeo rappresentante l’Assunzione ed i Santi Marco e Bartolommeo e diverse vetrate dipinte del XV secolo. Nell’annessa compagnia, è una bella Concezione copiata da un quadro del Vasari con lo stesso soggetto, del Chimenti detto l’Empoli.

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EMPOLI — CHIESA DI S. MARIA A RIPA — LA CONCEZIONE, DEL CHIMENTI.

Altre opere d’arte si osservano in diverse chiese vicine: ad Avane una Madonna col bambino della maniera di Andrea del Sarto, a Riottoli un ciborio dei Della Robbia, a Pagnana una tavoletta di Agnolo Gaddi, a Marcignana una croce giottesca ed una grandiosa ghirlanda robbiana.

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EMPOLI — CHIESA DI S. MARIA A RIPA — DELLA ROBBIA: DOSSALE D’ALTARE.

Seguendo per un piccolo tratto il corso del fiume Elsa, che dai monti senesi reca all’Arno l’abbondante tributo delle sue acque limpidissime, troviamo la chiesa di Pianezzole o del Terrafino, la quale possiede un pergamo che riproduce esattamente nelle sue forme architettoniche e decorative quello che Benedetto da Majano fece in S. Croce di Firenze per i Mellini, salvo che vi mancano i bassorilievi negli specchi. Ascendiamo il declivio di un poggetto che sporge fra le valli dell’Elsa e dell’Arno, e ci troveremo a Monterappoli, modesto ma pittoresco villaggio che fu un giorno capoluogo di un comune assorbito più tardi dal maggior comune di Empoli. A Monterappoli sono due chiese: S. Lorenzo e la Pieve di S. Giovanni Evangelista. La prima non ha d’importante che un affresco botticellesco rappresentante S. Sebastiano; la seconda invece conserva all’esterno le forme eleganti e le originali e caratteristiche decorazioni di una chiesa di carattere lombardo. Facciata, fianchi, abside sono a cortina di mattone con leggiadre ornamentazioni e nell’architrave della porta sussiste un’iscrizione che ricorda il nome dell’artefice che ideò e costruì il pregevole edifizio, un Bonserio lombardo, il quale dev’essere stato uno dei tanti maestri comacini chiamati ad esercitare l’arte loro in Toscana.

Presso Monterappoli, sul cocuzzolo di una bassa collina, un vecchio e caratteristico castello prospetta la sua fronte merlata verso la valle dell’Arno. È il castello del Cotone posseduto in antico dalla potente famiglia fiorentina degli Spini, poi dagli Scarlatti, celebrato dal Redi nel suo Ditirambo per la squisitezza dei vini prodotti da que’ prosperosi grappoli dai quali il vicino Monterappoli trasse il nome e lo stemma.

(Il libro prosegue con la descrizione del territorio di San Miniato).

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