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Vincenzo Chiarugi, Della Storia d’Empoli, Libro I°

CAPITOLO II. Dell’origine, e della Edificazione di Empoli

 Vista la grande importanza d’avere un punto centrale sull’Arno, ove Empoli inoggi, al quale concorrer potessero, e riunirsi pei traffici loro gli spessi abitanti degl’adiacenti Castelli, posti la massima parte in Collina, e vista la grande necessità, e vantaggio di rialzare la bassa pianura, è naturale, che anche prima dell’ultima edificazione di Empoli avessero avuto quei Popoli la premura di procurare al possibile di renderla ovunque utilmente coltivabile, e di rialzarla perciò, con beneficio dell’Acque torbide, discendenti dall’alto delle colline, come dimostra particolarmente il notabil deposito di Terreno avventizio fattosi sulla Panchina palustre, nel luogo detto il Padule, che dee rimontare ad un’epoca assai remota in ragion della sua profondità.

Effettuato un sì importante progetto, ed eseguendosi in ogni settimana una riunione di trafficanti vicino all’Arno, e precisamente presso l’antica pieve di S. Andrea detto perciò « al Mercato », ebbero insieme premura di riunirsi ancor più stabilmente di domicilio per fare con comodo, e sicurezza i lor traffici delle vicine Castella sparse dovunque in Collina, ed in piano, e delle quali diverse ai dì nostri più non esistono annichilate, e distrutte dal ferro, e dal fuoco nemico, o dall’ingiurie del tempo. Ecco probabilmente l’origine prima dell’attuai terra d’Empoli, la quale ai primi dell’XI Secolo era un nulla in confronto di ciò che divenne con sorprendenti progressi in appresso.

Empoli non aveva a quell’epoca, che poche abitazioni intorno alla Pieve sparse, e isolate, senza aver l’aria neppure di Borgo, e senza prendere il nome altrimenti che dal Mercato, al quale principalmente servivano. E intanto appena esisteva un miglio lontano da questo posto, a occidente, un vecchio Castello, distinto col nome di Empoli, e della grandezza di cui nulla è restato ai dì nostri, se non se il nome di Empoli Vecchio, col quale si chiama un piccolo Borgo posto lungo la strada postale Pisana, e la memoria di tre Parrocchie, nelle quali era diviso il Castello, e che dimostravano, se non altro, una copiosa popolazione esservi stata una volta raccolta (8).

Non avvi alcuna memoria scritta, che mostri quale egli fosse uria volta, quanto antica, e quale, fosse la sua vera origine.

Si à solo dal Manni (9), che nel 1015 fù questo Castello smantellato, e distrutto dai Pisani, affine di prendere vendetta sugl’Abitanti di esso, che s’erano sottratti al loro dominio. E senza star qui a esaminare siffatta opinione, basterà solo osservare, che appunto dove è Empoli in oggi esisteva la già annunziata Pieve di S. Andrea, detta secondo il Manni la Pieve al Mercato, o anche la Pieve all’Olmo (10), la quale, checché ne dica il medesimo scrittore in contrario, fu certamente la Chiesa Matrice di Empoli antico.

Posta infatti secondo il costume dei tempi andati fuori del Castello, trovasi essa rammentata, come suffraganea, e censuaria della Primazial Chiesa Pisana, fino dall’anno 840 (11), mentre niun altra Pieve descritta si trova, col nome di Pieve d’Empoli, e con precisa espressione Pieve di S. Andrea, allorché il medesimo Empoli non esisteva; e mentre in altri antichi ma posteriori documenti essendo rammentata la Pieve di S. Andrea, trovansi a questa sottoposte le tre Parrocchie d’Empoli Antico, indicate col solo nome di Empoli.

All’epoca stessa adunque del 1015 presso di questa Chiesa, che oggi è nel centro della moderna Terra di Empoli, esiste un’altra piccola Chiesa, detta di S. Giovanni, con poche Casuole o Magazzini di Faccendieri (12), cioè di Mercanti, «che a fare il loro traffico, ogn’otto giorni » regolarmente vi concorrevano; e vi esistevano inoltre sei edifizi, o Casamenti, che inoggi dovrebbero corrispondere alle attuali case, come appresso.

Il primo casamento secondo l’Anonimo scrittore citato, quindi compreso nella via oggi chiamata del Giglio, era elevato contro alla via del Gelsomino, ossia Chiasso di Malacucina; e pare, che divenisse quindi una casa dei Galli, vicino al canto che à preso il nome da questa Famiglia. Questa Casa non à gran facciata in larghezza, ma è molto alta, ma ornata di antichi pietrami, mostra nel suo interno non piccola antichità; ed il suo nuovo acquirente facendovi alcuni lavori, nel demolire alcuni muri laterali, incontrossi in alcuni muraglioni di circa due braccia di grossezza, con volta reale, e che portando circa un braccio” di calcestruzzo, par che servisse di fondamento ad una Torre antichissima, fatta di pietre, e di saldi mattoni.

Il secondo edilizio era presso alla Pieve, e non molto lontano, detto già l’Osteria della Gallesa, e che anche più modernamente fù chiamato l’Osteria della Gazzera, e finalmente ai dì nostri l’Osteria dei Cavalieri, moderna dimora degl’Agenti di Polizia. À essa perfino ai dì nostri un interno cortile con una loggia di cinque archi: ed offre ancora un passaggio tra via del Giglio, e la parallela e più settentrionale, Via Chiara.

Il terzo casamento, o edifizio, fu già la Casa dei Conti Guidi, posta sulla Piazza grande la quale debb’essere quella più vasta, e grandiosa che è in faccia alla Pieve una volta dei Giorni quindi della famiglia del Papa, e quindi acquistata dalla Nobil Famiglia dei Martelli di Firenze.

È vero che i Conti Guidi àn posseduto una Casa sulla gran Piazza, che esiste fuor delle mura presso la Porta Fiorentina; e si potrebbe perciò dubitare che fosse stato questo il Casamento indicato dall’Anonimo come spettante a questa Famiglia, ed esistente sulla Piazza grande. Ma questa Casa è di moderna costruzione, ed acquisto, e la Casa indicata, che esiste sulla moderna piazza interiore è molto grande. Ed anzi à un cortile nel quale una sola colonna sostiene due terrazze, una all’altra sovrapposte, alle quali due laterali sono appoggiate di fianco, e così dalla Colonna stessa sostenute.

Il quarto Casamento chiamato il Castellaccio, era presso la Chiesa di S. Giovanni, e sulla Via Fiorentina, ora Via Ferdinanda. Per questo sembra, che egli corrispondesse, ove è oggi la casa dei Dazzi, e già prossimo a un vicolo, che fu distrutto nell’occasione di edificazione dell’attual Propositura; e giusta l’Anonimo precitato dee credersi che egli appartenesse ai Guiducci, l’Arme dei quali cioè un Giglio, ancor v’esisteva nei tempi dell’accennato scrittore (13).

Il quinto casamento era posto sulla medesima strada, e fù già la casa dei Pandolfini, di cui si anno anche in oggi le tracce. Sulla porta di questo grandioso antico casamento, chiamato l’Abbondanza, perché era quivi il deposito pubblico delle granaglie, vedesi, ancora un’arme con tre Delfini, l’un sopra l’altro; ed altra simile è in fronte al tabernacolo che è nella casa medesima presso alla cantonata. E questa essendo l’Arme di quella nobil famiglia, bisogna credere, che questa casa appunto fosse la nominata.

Il sesto casamento finalmente, che esisteva sulla via Senese, detta in seguito Via Giudea, ed in oggi Via S. Giuseppe, fù già la casa dei Pucci, di cui s’ignora la posizione; ma se in mancanza di memorie voglia congetturarsi a qual oggi possa ella corrispondere, non può in altra riconoscersi se non se in quella, che fù già Fattoria del Granduca, oggi dei Bargellini, precisamente in faccia alle case dei Galli.

Ma questi casamenti servir non potevano all’uopo dei concorrenti al Mercato; ond’è, che furon moltiplicati i magazzini, o Casuole, fintantoché i desolati abitanti dell’antico Empoli, dopo la distruzione di Lui, qua, e là dispersi per i vicini Castelli, Borghi, e villaggi, ed in parte refugiati nella nuova Cittadella, che era un piccolo forte, già posto secondo il Manni (14) vicino al moderno Oratorio di S. Rocco, o forse più vicino all’Antico Empoli, (e che) rammentata si trova assai prima d’Empoli il nuovo, non risvegliaron la compassione dei buoni, e potenti lor protettori.

Ed era ciò riservato all’animo grande e benefico della Contessa Emilia, o Imilia (come scrivevasi in quei tempi, cambiando l’« e » in «i») la quale era moglie del conte Guido Guerra, primo di questo nome nella Famiglia dei Conti Guidi, o piuttosto degli Alberti, di cui sono i Guidi un Ramo distinto, incominciato a conoscersi in verso l’undecimo Secolo (15).

Questa pietosa Donna, quella stessa, che nel 1109 aveva fatte grandiose donazioni alla Pieve di S. Andrea (16), aveva già veduto il bisogno, che avevano di riunirsi di persona, come naturalmente lo erano d’interessi, i miseri avanzi della barbarie, e della ferocia, che avevan smantellato l’antico Castello. Perciò colla licenza, e consenso del Conte suo Marito, anzi per compiere un giuramento fatto da esso, donò nel mese di Dicembre del 1119, Indizione XIII, a Rolando Pievano di S. Andrea, e come si dice nel respettivo Istrumento, « Prete Custode, e Prefetto della Pieve d’Impori », tanto terreno con cui potesse egli dare agl’uomini d’Empoli (già distrutto), e che si trovavan dispersi pei Borghi, Ville, e Castelli, « unicuique casalinum » cioè un pezzo di terra, «ubi eorum casas aedificient, et castrum reaedificare faciant » (17).

Fu anzi sì grande l’impegno, che Emilia prese per la nascente popolazione del nuovo Empoli, e per la di lui sussistenza, che aggiunger volle alle sue beneficenze la condizione, che queste case non si dovesser distruggere, né che si potesse permetter che fosser distrutte, e che quando ciò fosse avvenuto per una violenza nemica, dentro lo spazio di giorni 15 incominciar si dovesse a riedificarle di nuovo. Di più volendo, che tutto il terreno donato fosse occupato dai nuovi abitanti, e forse ancora volendo allontanare qualunque occasione di disturbo della giurisdizione del Pievano, ordinò che non fosse edificata, né che si potesse permettere di edificare « nullam Ecclesiam nisi praefatam Plebem in predicto Castro, vel in Burgo ejus aut Abatiam vel Coenobium, sive cellam Monasterii » senza il parere del Pievano.

Ciò fu eseguito con tanto zelo, ed attività dai nuovi coloni, che questo nuovo Castello tanto desiderato dalla Contessa Emilia, e cui quasi di nucleo servirono i sei suddivisi casamenti, in pochi anni si vidde sorger dal suo nulla, ad un fabbricato così ragguardevole, che fù creduto degno d’essere cinto di mura, e che potè meritarsi qualche considerazione tralle Popolazioni libere del Contado Fiorentino.

Alla pietà, ed affezione della Contessa Emilia, debbono adunque soltanto gl’Empolesi la loro attuale esistenza; e debbesi ad essa con questa nuova edificazione insiem la memoria del vecchio distrutto Castello, di cui il moderno à conservato l’antico nome. E siansi qualunque le varie opinioni alla di lui prima origine relative, è fuor d’ogni dubbio, che questo solo è il principio dell’attual Terra d’Empoli; la quale perciò non è più antica del 1119, epoca memorabile in cui la Contessa Emilia predetta elargì l’indicata porzion dei suoi beni a favor degl’antichi Empolesi ai quali in seguito unironsi pure gl’Indigeni degli adiacenti Paesi, onde far crescere, e prosperare il Commercio ogni dì più esteso, e crescente colà.

Che concorressero poi anche i vicini a riunirsi alla nuova popolazione di Empoli, resta evidentemente provato da una emancipazione di confini d’una casa spettante alla Compagnia della Croce, della Veste nera, la quale fù fondata nel 1399. In un Inventario delle Sostanze, e Beni appartenenti alla medesima Compagnia, e che è registrato nel Libro rosso, esistente tragl’altri nel ricco Archivio del Patrimonio Ecclesiastico, vedesi tra gl’altri Beni descritta una Casa, la quale si dice da un lato confinare con certo . . . . . .  da Pontorme (18), lo che dimostra che un Pontormese aveva in Empoli dei Possessi.

Rimontando poi a quei tempi anteriori al 1015, nei quali esisteva l’antico Empoli, trovansi ,vari documenti, che fanno conoscere indubitatamente esservi prima stato un vecchio Castello e quindi un nuovo, riedificando in luogo diverso ma sotto l’istesso nome. E prima di tutto, è da osservarsi una Carta del 780 citata dal Lami (19), in cui la Chiesa di S. Michele, si dice semplicemente « de Impore », cioè d’Empoli antico; ed intanto in una bolla di Alessandro IV Sommo Pontefice del 1258, ed in altre Carte posteriori al 1119, (ossia) alla riedificazione di Empoli presso la Pieve al Mercato, e le quali esistono nell’Archivio Capitolare d’Empoli nella medesima Bolla del 1258 al contrario volendosi esprimere la posizione della Parrocchial Chiesa di S. Ruffino, si dice posta « prope Impoli novum », lo che dimostra due epoche diverse nell’esistenza di due Castelli, e l’edificazione di uno essere stata posteriore all’annichilamento dell’altro. Rimane così rigettata l’opinione di coloro, che attribuiscono la fondazione di Empoli nuovo a Desiderio Ré de Longobardi, il quale viveva nel secolo VIII di Gesù Cristo; forse a quell’epoca non esistevan neppure i sei Casamenti citati intorno alla Pieve; e non avrebbe dovuto d’altronde la buona Contessa Emilia donare il terreno per fabbricarvi le nuove Case, ed il nuovo Castello se Desiderio l’avesse in addietro fondato; né mancherebbe il nome di Lui nel celebre Editto, che vuolsi da Desiderio agl’Italiani indirizzato, e che pretendesi esister tuttora scolpito in marmo sulla principal Porta di S. Lorenzo alle Grotte, una volta Fanum Herculis, ma che dee credersi apocrifo.

Dovendosi in conseguenza il principio del moderno Empoli ripetere dalla distruzione del Vecchio, non è meraviglia, se gl’antichi abitanti di questo, in questa lor nuova Patria riuniti, anco il nome del vecchio lor domicilio vi trasferirono. Quindi quel luogo, che già dicevasi il Mercato, in latino Emporium, fù chiamato col nome portatovi d’Empoli, o in qualunque altro modo si è scritto.

I Codici antichi, le Cartapecore, ed altre vetuste scritte, o scolpite memorie fanno vedere infatti il vocabolo Empoli, anche originalmente in volgare, ed in Latino, scritto sovente in modo tanto diverso, e variato, da far maraviglia. Ma questi nomi in sostanza altro non sono, che corruzioni d’uno, solo prodotte, o dall’ignoranza dei Notai, e degli Scrivani, comune in quei tempi, o dalla facil disposizione, che àn sempre avuto i Toscani, a cambiare a vicenda scrivendo l’« e » in « i »; l’« u » in « o »; l’«l» in «r» siccome osserva il celebre Lami nelle sue Deliciae Eruditorum (20).

Incominciando dall’840 dell’Era Cristiana perfino al 992 bisogna convenire che il vocabolo Empoli è allora applicato ad Empoli il vecchio, e che era pure tradotto in Latino Empulum. Così in un Libro in cartapecora, esistente nel prezioso Archivio del Vescovado Pisano intitolato De Censibus; e così in un Istrumento del 1117 esistente nell’Archivio Capitolare d’Empoli, ed in una Bolla di Celestino III Papa, del 1194, citata dal Lami (21) ; e più modernamente in un libro da Coro della Propositura stessa d’Empoli del 1445, in una Scrittura del 1475 citata dal Cerracchini (22), e finalmente in altro Istrumento del 1491 esistente nell’Archivio predetto Capitolare, in alcuno dei quali documenti usato si vede il distintivo di Empoli il nuovo.

Escluso in conseguenza dalla vera, e propria denominazione del vecchio, come del nuovo Castello, il vocabolo Emporium, come improprio, e l’altro, di Portus o Importu, come erroneo, e non corrispondente, bisogna convenire, che il vocabolo Empoli fu certamente l’originario del vecchio, quindi nel Nuovo Castello trasferito; e che conforme à fatto notare il dottissimo Lami (23) la voce Latina Empolum, è quella, che più anticamente, e più frequentemente essendo stata per indicarlo, merita d’essere a preferenza adottata ad esprimere con precisione, e corrispondenza anche il medesimo Castello.

Ciò stabilito e volendo per alcun poco considerare quale possa essere stato il primo getto del nuovo Empoli, pare, che possa a sufficienza indicarlo la posizione dei sei Casamenti, che già preesistevano, i quali secondo la nomina sembra che desser la norma alle strade nuovamente costruite. Perciò la Via Fiorentina, poi detta Ferdinanda in onore del secondo Granduca Mediceo di tal nome; la Via del Giglio alla precedente parallela; e la via che tagliando trasversalmente le due predette strade verso la loro estremità orientale dalla Porta dei Cappuccini conduce a quella dell’Arno, furono senza dubbio le prime strade che il nuovo Empoli costituirono. In mezzo alle due parallele principali rimase così compresa la Pieve, e la Chiesa di S. Giovanni, ed avanti alla Pieve medesima à sempre esistito una piazza quasi quadrata sù cui si è in ogni tempo tenuto il mercato. Alle due estremità delle predette strade principali parallele à sempre esistito una Piazza, sulla maggior delle quali, che è dalla parte di Firenze, e fin dall’antico è stata chiamata il Campaccio, si è sempre fatto il Mercato del Bestiame.

Ogni altra strada di Empoli, è alle predette posteriore; e le principali di esse sono la via dei Frati ossia dei Guiducci, parallela alla via Ferdinanda, e la via Chiara parallela alla via del Giglio, le quali Sono sempre per altro anteriori alla fabbricazione dei Conventi sopra di lor stabiliti. O sono strade o vicoli traversi fatti all’oggetto di porre in comunicazione le Strade principali, come trall’altre è la via del Gelsomino, oggi Chiasso di Malacucina, o son finalmente porzione o accessi dell’interno pomerio, come sarebbe la via del Pesco dentro le Mura, ove sono le Conce presso la Porta dei Cappuccini, Chiasso Ombretti che è la via ora Mozza dietro al Convento delle Benedettine, via della Fogna, che dalla via del Giglio porta perfino alle Mura Settentrionali, ed altre simili.

Se attendasi finalmente alla celebre Donazione della Contessa Emilia, rimane assai dubbio a conoscersi se quando fù Empoli riedificato, esistesse già un Borgo, o se la Contessa ne avesse soltanto imaginata la costruzione. Nell’atto della sua Donazione proibisce la costruzione di qualsivoglia Chiesa o Monastero « in Castro et in Burgo ejus » ; e non si trova frattanto memoria alcuna dell’esistenza d’un Borgo vicino alla Pieve al Mercato. Non esisteva per altro neppure un Castello in quel luogo. In conseguenza creder si può, che la Contessa Emilia nel modo stesso, che già parlava del nuovo Castello, come se fosse stato di già edificato, mentre donava il terreno per costruirlo parlar volesse egualmente di un Borgo, che annettervi avrebbe voluto; ed il quale d’altronde vi fù ben presto prossimamente stabilito in corrispondenza alla via del Giglio predetta.

Tal fù l’origine indubitata, ed il primiero sviluppo dell’attual Terra d’Empoli, la quale ogni dì più prosperando al favor del commercio, che sempre crescenti ricchezze vi portò, meritò un grado, ed una considerazione distinta tra le più fiorenti popolazioni Toscane, e tra i Paesi più ricchi, e industriosi nella coltura dei Campi, ed insieme nel Traffico.

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