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Masolino e la lunetta in Santo Stefano degli Agostiniani

La più bella opera di pittura che possiede la chiesa è però la lunetta dipinta a fresco dal Masolino e raffigurante la Madonna e Gesù bambino adorati da due angioli.

Prima del 1660 era sopra la porta di sacrestia e sotto l’organo che, come abbiam visto, fu trasportato in fondo alla chiesa. La pesante e antiestetica costruzione dell’altare di pietre serene che soffoca ora la delicata e soave visione, fu, come scrive il Poggi in base a documenti da lui trascritti, proposta fin dal 6 Luglio 1658, approvata l’8 Gennaio 1660 ed eseguita nel 1661.

articoli su Masolino da Panicale a Empoli →

Questo affresco fu attribuito dal Berenson a Masolino e la notizia documentata che l’artista aveva lavorato per un’altra cappella nella chiesa, convalida il giudizio fondato qui unicamente su confronti e considerazioni stilistiche. Il critico avverte che non vi può essere alcun dubbio sulla paternità di Masolino se si confrontano i lineamenti della Vergine con quelli dell’elegante adolescente volto di faccia nella resurrezione di Tabita della cappella Brancacci e coll’altro giovane dalla testa ricciuta nel banchetto d’Erode a Castiglione d’Olona Lo stesso taglio degli occhi, il medesimo naso, identici la bocca e l’ovale,mentre i due volti s’accordano nella più squisita espressione di grazia e di bontà.

Lunetta del Masolino - Ph. C. Pagliai
Lunetta del Masolino

 

 

Ogni minimo passaggio di tono, perfettamente conservato, si stende in sottili gradazioni dando l’illusione della pelle vellutata sotto cui però la trama anatomica ha la sua consistenza solida e precisa. Come le dita delle mani della Madonna si piegano, si affinano nella più fine sensibilità tattile, che lo studio magistrale della forma e l’amore fervente del vero ha saputo riprodurre con tanta evidenza ed efficacia. Già solenne è il gesto del fanciullo che benedice e tiene un rotulo spiegato; egli sembra quasi astratto dalla vita terrena, investito ad un tratto da tutta la fiamma della sua fede dominatrice.

vedi la Lunetta nelle immagini dell’archivio

 Fondazione Federico Zeri – Bologna

I due angioli, che con le braccia conserte fissano il volto del Cristo in atto d’adorazione, sono come impregnati di luce e noi passiamo a grado a grado e con ineffabile godimento dal biondo aurato delle loro capigliature, al tenue roseo della carnagione, a quello più acceso delle tuniche ed alle altre policromiche quasi fossero iridescenti. Nulla dovrebbe turbare l’armonìa di questo affresco meraviglioso e la semplicità intorno dovrebbe regnare sovrana, senza che il gusto sfacciato venga di tanto in tanto a sfogarsi sull’altare con paramenti e imagini dozzinali, che per un dato periodo dell’anno nascondono e offendono l’arte di Masolino. Al cospetto della pittura sua non solo abbiamo ammirato la potenzialità estetica dell’artista, ma imparato a conoscere l’anima e le aspirazioni di lui, che sono le stesse dell’ambiente entro a cui lavorava.

Così per il popolo adunato nella chiesa in mistico raccoglimento, egli ha lasciato la rappresentazione più ideale della fede e l’ha fatta vivere eternamente davanti agli occhi estatici dei devoti e dentro la loro coscienza. Per esaminare più da vicino la pittura e anche per rendermi meglio conto dello stato suo di conservazione montai sopra l’ altare ; e de visu potei convincermi dei vandalismi commessi coi chiodi piantati qua e là, mentre palesemente distinguevo i restauri e qualche lieve screpolatura. Il manto della Vergine ridipinto ha perso la bellezza dell’antico oltremarino, ricoprendo le dita del piede del bambino ed anche gli aurei ricami dei lembi.

Intatto tutto il resto dove sì ammira il procedimento tecnico dei colori leggeri, luminosi, trasparenti. Restano ancora le tracce d’oro sul fondo e sull’aureola del Cristo, mentre sono scomparse su quelle in rilievo e raggiate degli angioli. Ci distacchiamo a malincuore da tanto suggestiva visione, pensando a qual grado di bellezza doveva assurgere, appena uscita dal magico pennello dell’artista.

Tratto da:  Odoardo Hillyer Giglioli, Empoli Artistica, Firenze, Lumachi 1906

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