So per certo ormai che qualsiasi cosa che debba essere giudicata, può essere vista sia dal punto di vista di colui che, vedendo un bicchiere riempito a metà, lo giudica mezzo pieno o dall’altro punto di vista che lo considera invece mezzo vuoto.
Il restauro del tabernacolo della Madonna di Loreto – di Silvano Salvadori
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già pubblicato su Il Segno di Empoli n. 14, Anno 4, Luglio 1991.
di Silvano Salvadori (con gentile concessione a pubblicare)
Allorché per iniziativa del Comitato Consorti del Rotary Club di Empoli, la responsabile Cristina Cioli venne a proporci il restauro di alcuni tabernacoli empolesi, la scelta fu subito indirizzata a quelli che avevano un maggior impatto di “arredo” con le strade cittadine e cioè al tabernacolo, ormai irriconoscibile, all’inizio di via del Gelsomino e a quello di via Ridolfi all’altezza di via delle Murina.
Del secondo il restauro, ad opera di Rino Alderighi e Bruna Scali, è già stato concluso e non è stato privo di sorprese.
In attesa di una auspicabile ricollocazione (seppur tramite una copia) del bel tabernacolo robbiano in fronte al Palazzo Pretoria e ora nel museo, il recupero degli altri quindici tabernacoli che sono nel centro storico interesserà eventualmente più la devozione popolare che la storia dell’arte, visto che la maggioranza o è ormai priva delle originali immagini o è di scarso valore artistico e per lo più in uno stato deplorevole.
Il tabernacolo di via Ridolfi fu eseguito da Virgilio Carmignani nel 1948 (primo lavoro dopo il suo ritorno dalla prigionia) su commissione del professor Fabiani che aveva casa di fronte al medesimo (fra l’altro nel vano scale di questa è dipinto un volto di Cristo come appare nel panno della Veronica.).
L’iconografia, assai insolita, presenta la Vergine avvolta in un ampio mantello riccamente bordato, con la rubiconda testa del bambino che le spunta da dietro le spalle; ai piedi vi è un’immagine della nostra città. Ma purtroppo la parte bassa era quasi del tutto scomparsa a causa delle piogge anche se alcuni decenni fa era stato apposto uno sportello vetrato; illeggibile era anche la scritta e nessuno, neppure l’autore, la ricordava.
Con un paziente lavoro di consolidamento e di recupero i restauratori non solo hanno potuto riportare ai primitivi colori l’affresco; ma anche ricostruire dalle flebili tracce impresse sull’intonaco le parti mancanti.
Ma la sorpresa maggiore è stata la scoperta, sotto l’attuale pannello “murato” nel 1948 dentro la cornice del tabernacolo, di una precedente pittura, identica a quella di Carmignani, anche se in pessimo stato di conservazione e per buona parte dissolta. La pittura risultava più di una volta ridipinta, come pure la cornice del tabernacolo che a suo tempo era già stata, coraggiosamente, bianca, poi rosso mattine e infine azzurra.
Si è potuto stabilire che l’iconografia risale alla Madonna di Loreto, il più grande santuario mariano dell’Europa della fine del quattrocento. Caso unico qui nel tabernacolo empolese la Madonna appare incoronata con la tiara papale ed ha una dalmatica di color rosso, diversa quindi dall’attuale immagine di Loreto.
Inoltre il bambino compare alla destra e non alla sinistra di Maria, per di più come se fosse portato dietro le spalle dalla Madonna (a Loreto, pur nascosto dal manto, sta in braccio).
Certo l’immagine essendo posta sulla strada che portava ad una postierla secondaria della cinta muraria, porta d’Arno, svolgeva la funzione quasi di una “Madonna del buon viaggio”, in quanto la Madonna stessa di Loreto è stata pellegrina secondo la tradizione avendo trasvolato la sua casa da Nazareth a Loreto.
Qui l’iconografia commistiona l’immagine lauretana con quella di S. Cristoforo, il portatore di di Cristo attraverso il fiume. E’ proprio nel clima controriformista che si esaltò, in chiave antiprotestante, e si storicizzò il culto di particolari immagini venerate dalla pietà popolare (Molanus “Storia delle Sante immagini” 1570; Astolfo “Storia universale delle immagini miracolose” 1624) ed è forse in questo clima che approda ad Empoli questa non consueta iconografia; inconsueta per noi fiorentini avvezzi alle soavi e umane immagini di Nardo da Cione, dell’Angelico, di Luca della Robbia.
L’addobbo così antiumanistico della Madonna di Loreto ne fa un “idolo” che si riallaccia ad una lontana tradizione orientale.
L’immagine empolese, poi ripresa da Carmignani, rappresenta in realtà la statua lauretana qual era prima del 1643, anno in cui si sostituì la corona papale (testimonianza del diretto controllo della Santa Sede sul santuario) con la corona di Luigi XIII. Nel 1921 la statua di Loreto è stata distrutta da un incendio: quella di oggi è una riproduzione. Di qui l’importanza documentaria dell’affresco ritrovato. Le tracce della sinopia, che nella parte bassa dell’affresco è visibile, mostrano inoltre due devoti inginocchiati ai lati della Vergine che ha al centro della veste un cherubino.
Carmignani dipinse invece in basso una vecchia veduta di Empoli e probabilmente la scritta, che recita alcuni versetti dell’orazione che si rivolge a Maria in occasione dello scoprimento di sacre immagini per la richiesta di particolari grazie, (che comunque il Pogni non poteva riportare, anche se ci fosse stata, perchè a quell’epoca già certamente scomparsa) fu suggerita dal Fabiani stesso:
“O viaggiatore fermati e prega genuflesso: dolce Vergine Maria benedici la nostra Empoli con la sua pia figliolanza”, un invito certo che non guasta ancor oggi ripetere.
Silvano Salvadori, pubblicato su Il Segno di Empoli n. 14, Anno 4, Luglio 1991.
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