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Il mio militare – di Roberto Taviani
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-Contrappello..in pigiama
Settembre 1969, arriva la “cartolina”. Presentarsi alla “Caserma Vittorio Veneto Firenze” per partecipare al “Corso Allievi Ufficiali Medici di Complemento”.
Me lo ricordo come fosse ora. Mi pare il 13 settembre. Dovevo presentarmi entro le 21. Me la prendo comoda, alle 19 ero già li. Tanto era un pensiero che andava levato. Avevo parcheggiato la macchina in Piazza Pitti. La mia vecchia 850 coupè! Proprio davanti a Palazzo Pitti. Allora c’era posto quanto se ne voleva e si poteva parcheggiare tranquillamente. Via Guicciardini, mi pare, un’occhiata al ponte Vecchio, da “persona libera”. Poche centinaia di metri in salita per “Costa Scarpuccia”, in un’atmosfera incantevole di sera di settembre. Poi Alla Costa San Giorgio, alla caserma, in uno dei posti più belli di Firenze.
Mi presento al “piantone” che mi dice “se vuoi andare a fare una giratina”, puoi ripassare anche più tardi. Decido di entrare. Giratine per Firenze erano 6 anni che ne facevo, tra una lezione e un’altra. Credevo di aver visto tutto!!
Le formalità di rito e mi accompagna alla “mia branda”. La prima di una lunghissima camerata. Proprio sopra la “garitta” della sentinella. Una branda ,la rastrelliera dove era il “vecchio moschetto” in dotazione. Il modello 91, quello della grande guerra 15-18. L’elmetto. Un armadietto di lamiera. Il “cubo”. Si chiamava così la disposizione di materasso, cuscino e coperte sulla rete.
Se vuoi mi dice, c’è la stanza di ricreazione giù dove puoi leggere qualcosa, o puoi girellare per la caserma, però non entrare nelle zone proibite. La cena stasera non è prevista. Tanto avevo mangiato a casa. Sto un po’ giù, girello, non c’era quasi nessuno. Tutti gli altri che venivano da lontano, approfittavano, per vedere un po’ Firenze, per farsi “L’ultima cena” in qualche ristorantino tipico. Per stare con i familiari fino all’ultimo. Io , a Firenze ero di casa. Fatto sta che dopo un’oretta decido di stendermi sulla branda…e cosa “logica” per me che venivo dalla vita civile…ripongo i miei abiti nell’armadietto e mi metto in “pigiama”.Con le mie brave ciabatte ai lati del letto. Leggicchio un po’ poi mi appisolo. Intanto la camerata comincia a riempirsi, Salve ragazzi, a domani, buonanotte. A questo punto cerco di dormire davvero. Saranno state le 23. Rumori forti provenienti dall’ingresso della camerata, come il passo cadenzato di un plotone. Oh questi i’ che vogliono. Domando al mio vicino di branda, che mi dice:” è il plotone del contrappello”.
Lui ere venuto il giorno prima ed era più esperto. “Il plotone del contrappello !” .. e che bisogna fare ?. “Di solito ci si mette sugli attenti ai lati del letto…e loro controllano che tutto vada bene”…ma te ..in codesto modo..in pigiama..Ma ormai..eccoli, non fai a tempo a rivestirti. Vuol dire che mi metto sugli “attenti” in pigiama e ciabatte!! Non devo mica imbracciare il “moschetto”, o magari mettermi l’ elmetto? No no.
Arriva il “plotone”…Li vedo ridere ancora!!…
Non ci era mai successo un contrappello in pigiama!
Per loro militari di carriera, che a quelle cose, a quei riti..ci credevano. Beh era come se uno andasse in chiesa in mutande, o a teatro in costume da bagno!
..ed è solo l’ inizio!!
-Allievo
..qualche giorno dopo.
Ormai eravamo quasi dei veterani. C’era stato il discorso di benvenuto, nell’Aula Magna , tenuto dal Colonnello di Battaglione in alta uniforme con un sacco di medaglie che si era guadagnato in non so quali campagne. Ci avevano dato la “divisa”, ci avevano insegnato i primi rudimenti di “comportamento”. Come si doveva “salutare”.
Il Capitano: “ mi raccomando salutate tutti, perché molti ci tengono, e il non salutare i superiori potrebbe procurarvi dei richiami. Insomma per non sbagliare salutate tutti quelli “in divisa”. Per salutare si intende mettersi sugli attenti, con la mano destra di traverso alla fronte, e non muoversi finché l’Altro non risponde al saluto.
Però non mi fate come quell’allievo che salutò il portiere del Baglioni, che secondo lui era in “alta Uniforme”.
Gli “ufficiali “ d’arma, quelli “veri”, ci presero per il culo per un anno! In “sanità” anche gli ufficiali erano un po’ “meno fanatici” e meno formalisti.
Viene il giorno delle “Vaccinazioni”. Il famoso punturone nel pettorale che doveva proteggerci quasi da tutto. Era una banale vaccinazione antitetanica ed antitifica, che ora la fai..e dopo mezzora puoi andare a fare la marcia longa. Allora tre (3) giorni di “consegna” in caserma a non far niente! Il secondo di questi giorni era domenica, e già mi rompeva perché non potevo tornare a casa. Però nel parco della caserma,che confinava con Boboli, con un’ariettina di settembre che non si può descrivere, mi venne fame. Vo allo “Spaccio”, mi compro un bel panino col prosciutto, un giornale, e col giornale sottobraccio, la “bustina” (è il capello militare) accicciolata in tasca, mi addento beato il panino, passeggiando per il parco.
Sento uno “sbraito”, li per li,non ci fo caso. Poi noto ed intendo che un crapagnotto che urla: “Allievo”. Penso: siamo 400 tutti “allievi” chissà con chi ce l’ha. E continuo a fare i cavoli miei. Intanto lui continua Allievo Allievo. Io nulla..Allora cambia: “dottore..dottore”. Io uguale :siamo 400 tutti dottori, chissà chi chiama. Me no, un lo conosco. Si avvicina ,mi si piazza davanti e sbraita:” ma lei lo sa chi sono io”. Ed io..candidamente…no. La fisionomia non è mai stata il mio forte!.E Lui:” sono il Colonnello di Battaglione”. Era in borghese, ma era quello che in alta uniforme, con le medaglie, ci aveva fatto il discorso di benvenuto in pompa magna. Proprio non l’avevo riconosciuto. Mi rendo conto della gaffe, il panino mi cade per terra, il giornale anche, mi metto rapidamente la bustina in testa, gli do la mano e gli dico, come si fa tra persone civili:” piacere roberto taviani”. Diventa paonazzo, grida “voglio un ufficiale della seconda compagnia, (era la mia) pretendo una punizione esemplare!” Già mi vedevo a Gaeta!
Una sfilza di reati..secondo Lui…Si forma un capannello di colleghi, si vede che trattengono le risa!.Io invece..me la vedo brutta. Visto il trambusto arriva il “buon Tenente Ferrelli”. Per noi era come un fratello maggiore! Signor Colonnello Comandi! Gli fa l’elenco di tutti i reati che secondo lui avrei commesso.
Signor Colonnello lo prendo in consegna io,..sarà severamente punito.
Ci incamminiamo verso la Fureria. Ma che cazzo gli hai fatto?. Racconto la storia, lo vedo ridere ancora. Proprio a Lui ti doveva capitare. E’ un fanatico, proviene dall’arma, è stato un elicotterista che ha fatto un sacco di missioni rischiose ed importanti. Ora vuoi per l’età, vuoi per qualche acciacco fisico, l’hanno mandato a dirigere la scuola in attesa della pensione, e di promuoverlo a Generale. E’ ovvio che non ti fo niente, non lo dico nemmeno al Capitano, però per qualche giorno tieniti alla larga da Lui, se lo vedi da lontano..cambia strada…, ma bada ha la vista buona.
E’ una parola, intanto sono miope, e poi non lo riconoscerei lo stesso! Speriamo bene. Mi andò bene ,per qualche giorno non lo incontrai!
Più tardi venni a sapere che lo chiamavano “FiascAntonio Colonnello di Buttiglione”. Effettivamente..anche prima di diventare “paonazzo” era un po’..rubicondo! .Forse davvero amava il buon vivo.
-Note sulla Caserma Vittorio Veneto
E’ costruita dove in antico sorgeva la “Chiesa di San Giorgio” costruita prima dell’anno 1000, e nella quale lavorò un “giovane” Giotto. Nel 1377 vi fu edificato il “Convento delle Francescane”. Dal 1926 al 1933 la struttura subì modifiche per essere adeguato a sede della Caserma Vittorio Veneto, che avrebbe ospitato gli allievi ufficiali medici e farmacisti della “Scuola di Sanità Militare”.
E’ indicibile la sensazione che dà l’aver dormito,marciato,studiato e scherzato in un complesso che è stato il cuore della storia fiorentina, dove hanno mosso i loro passi Giotto giovincello , Lucrezia de’ Medici, Lorenzo il Magnifico.
Svegliarsi al mattino presto, e vedere un paesaggio unico al mondo. Tutta Firenze sotto i tuoi occhi. Il Cupolone e il Campanile di Giotto ti sembra di toccarli. Camminare , contemplare e sedersi in un chiostro straordinario. Avere per aula studio “edifici” che non ci sono parole per descriverli. Camminare sognando in un parco stupendo, confinante con Boboli… e sognare ad occhi aperti… non accorgersi delle persone che ci sono dintorno, di chi incontri, e magari non sentire chi ti chiama insistentemente…col rischio magari di finire in un carcere militare!
..E’ però oggi fonte di profondo dispiacere, e senz’altro lo sarebbe per tanti personaggi illustri del passato, il vedere il degrado e l’abbandono in cui versa oggi tale luogo straordinario.
In un recente passato, ho ripercorso Costa Scarpuccia, Costa San Giorgio, e sono arrivato all’ingresso dalla Caserma. Proprio dove era la Garitta della sentinella.
Erbacce,vandalismi, vetri rotti , scritte dappertutto, ed all’interno mi dicono che sia anche peggio.
Ad un “evento” di qualche anno fa in Santo Spirito del Touring Club Italiano, c’era un questionario nel quale si diceva di segnalare “Luoghi di Firenze Dimenticati”, insomma da “salvare”. L’ho segnalato. Non credo sia successo niente da allora. Del resto una segnalazione è come una goccia d’acqua nell’oceano.L’ho segnalato anche al FAI…idem con patatine!
-Adunata per la “libera Uscita”
È passato un po’ di tempo. Studi, lezioni. Ricordo ancora le discipline: medicina legale militare,amministrazione militare, igiene militare, difesa ABC ove A sta per Atomica, B per biologica, C per chimica. Chirurgia militare d’urgenza. Vaccinazioni. Cartografia. Qualche noterella sulle armi,etc.etc. Qualche esercitazione, un paio di uscite al poligono. Una per il lancio delle bombe a mano, una per l’uso della pistola e del MAB. Il sabato sera era “dedicato a pulire ed oliare” i vecchi moschetti in dotazione. Quelli della guerra 15-18. Che nessuno avrebbe mai usato, non c’erano nemmeno i proiettili, però..andava fatta la manutenzione periodica!
La vita dell’Allievo Ufficiale era abbastanza piena di impegni. Si avvicinavano gli esami di fine corso, e per di più io avevo vicino anche l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione.
Tutte le sere, dopo cena. Si cenava come i polli, prestissimo, dopo c’era la libera uscita. Mi pare dalle 18.30 alle 22. Una sera decido di non uscire, prendo i miei libri e vo in aula studio..a studiare.
Silenzio, tranquillità, non c’era nessuno. Ci stavo come un papa..come un pascia!
Saranno passate due ore, i soliti passi cadenzati del plotone della prima sera, quella del contrappello in pigiama e ciabatte.
…A eccoti finalmente! Oh che fai ?. In aula studio coi libri a quell’ora cosa volevi che facessi. Le pipe ai pinguini! Oh bella “studio naturalmente”!. Ma come! Come come? Perché non ti sei presentato all’adunata dei “Liberi Uscenti” ? Semplice no. Perché avevo deciso di non uscire!.Come si chiama. Adunata della “libera uscita” e allora? Se non esco!
L’adunata dei libero uscenti era un rito che si svolgeva nel piazzale dell’alza bandiera. A tutti gli Allievi schierati,venivano controllati gli abiti, la lunghezza dei capelli, le scarpe se erano pulite , i bottoni se c’erano tutti,…e veniva dato il “Nulla Osta” per uscire.
Io pensai: non esco, vo a studiare ergo inutile che perda e faccia perdere del tempo agli altri…Però mi dissero, che nella vita militare non bisognava pensare!!
Insomma per farla corta, all’adunata gliene mancava uno. Mi avevano cercato dappertutto. Meno male allora non c’era “chi l’ha visto”. Naturalmente tutto il battaglione, senza uscita, ad attendere il mio ritrovamento.
Va bene che io non dovevo pensare..ma Loro!.
Diventai famoso. E meno male che eravamo in un corpo un po’ particolare, di colleghi, pensanti, che forse mi davano anche ragione. Se si fosse stati in un “ CAR tradizionale” tremila gavettoni non me li avrebbe levati nessuno!
…Forse non ero molto portato per la vita ed i regolamenti militari.
In fondo mi andò bene anche stavolta. Scansai la punizione e la “camera di punizione di rigore”!
Mi sembra si chiamasse così,era una specie di prigione.
-Noi e le “armi”
Il nostro rapporto con le armi non era semplice, ed in particolare il mio che non ero neppure cacciatore. L’arma più importante che avevo imbracciato fino ad allora era stata una carabina ad aria compressa a piombini ed a piumini per sparare a barattoli di latta in terrazza. Del resto eravamo tutti medici ed anche nella vita militare ci aspettavano siringhe, fonendoscopi, supposte, pasticche e vasellina.
Il primo incontro fu col mitico moschetto modello 91. Ce l’avevamo nella rastrelliera davanti al letto, e ci dissero subito di considerarlo come le cose sante. Si guardava come si guarda un oggetto di antiquariato. Ho già parlato del rito della pulizia e manutenzione del sabato sera. Credo che chissà da quanto tempo non ci avesse sparato nessuno. Del resto non avevamo neanche le munizioni. Però c’era la baionetta!.
La seconda esperienza con le bombe a mano. Si chiamava “Bomba a mano SRCM mod.35”. All’inizio con delle bombe già esplose il Tenente ci portò nel piazzale , nel luogo dove confinava col giardino di Boboli, c’era una rete a maglie che divideva , a provare come si lanciavano. Il più delle volte andavano in Boboli, dove c’erano tante belle turiste, che all’inizio sembravano impaurite a vedere dei bischeri in tuta mimetica che lanciavano le bombe, poi videro che non succedeva nulla ed allora si misero a far fotografie e a rilanciarcele. Qualcuno dei più aitanti ci raccattò anche qualche appuntamento. Poi visto l’andazzo, il tenente si incazzò, disse che non eravamo “seri” e ci porto via. Disse che se lo sarebbe aspettato da dei ragazzini al CAR, ma non da dei medici. Vallo a capire!.
Poi venne il giorno dei lanci veri. Di buonora con camion militari, in tuta mimetica ed elmetto ci portarono a delle cave dismesse vicino a Fiesole. C’era anche il fotografo. Da qualche parte devo avere una foto. Una specie di piccolo bunker circondato da sacchetti di sabbia e dentro l’allievo e l’ufficiale che assisteva il tiro. Praticamente bastava lanciare la bomba, dopo aver tolto la spoletta, mi pare con la bocca, oltre i sacchetti di sabbia. Era quasi impossibile farsi e fare del male. Un coglione se la tirò sui piedi. Lesioni a Lui ed al tenente. Corsa con quelle ambulanze tipiche grigio verdi con la grossa croce rossa all’ospedale militare, però non si fecero quasi nulla, tant’è che dopo pochi giorni, un po’ incerottati erano di nuovo in caserma. Quasi non mi ricordavo più del fatto quando all’Ospedale Militare di Livorno , ove ero stato affidato a fine corso, una mattina di qualche mese dopo leggo in “bacheca”: Encomio al Tenente tal dei Tali che durante una esercitazione, con sprezzo del pericolo, ha limitato i danni, gettandosi a protezione di un allievo!!
Quel coglione gliela aveva tirata addosso!. Lui ci s’era semplicemente trovato, suo malgrado.
Poi la Pistola. Pistola Berretta, non ricordo il modello. Stessa aria di scampagnata, mancava solo il banchino con bibite e panini e porchetta. Si doveva tirare a un bersaglio, io mi ricordo di aver puntato, poi chiusi gli occhi e sparai! Mi dissero che avevo fatto un buon punteggio!
Poi si doveva andare col Fucile Mitragliatore. Non ricordo se era il Mab o il Fal, forse tutti e due, però piovve e non se ne fece di nulla. Evidentemente la salute dei futuri “Ufficiali Medici di Complemento” stava a cuore ai nostri superiori.
-Il Rancio
A casa ero piuttosto calia. Si vede che il cambiamento d’aria, o un po’ di fame, mi fece bene. Mi sembra perfino di aver mangiato bene. Spesso fagioli all’uccelletto e salsicce. Non male. Poi c’era la famosa fettina “tricolore”. L’avevamo battezzata così perché una volta nel piatto presentava dintorno un alone multicolore, come quelli che si vedevano nei veicolo parcheggiati quando perdevano un po’ d’olio e magari pioveva. Non malissimo però. Il venerdì si stava bene. Baccalà fritto. Mi piaceva così tanto che quando tornai a casa lo raccontai. Vedo ancora la faccia meravigliata della mi nonna che mi disse: “disgraziato a casa il baccalà non l’hai voluto per 25 anni. Ti ci voleva proprio un po’ di militare!”.
Il vino era scarsino. Chianti Trambusti. Il vino per tutti i gusti, diceva la pubblicità. A parte il sapore, quando ne cascava un po’ sulla tovaglia la bucava, e faceva un alone dintorno a cerchi concentrici, multicolori, come la cromatografia su carta!.
La colazione scarsina. Latte, caffè e pane. Il caffè era una sbroscia. Tant’è che decisi di potarmi un supplemento da casa, un rinforzino. Un semplice barattolo di marmellata.
Prima della colazione c’era il rito dell’alza bandiera. Io ero li tranquillo sugli attenti col mio barattolo in tasca che ovviamente si vedeva. Il tenente blocca la “cerimonia”:
che ci hai in tasca. “la marmellata”. La marmellata ? Per fare cosa ? Per mangiarla a colazione…Non si può. Perché. Perché il vitto deve essere uguale per tutti…Ma io la offro volentieri ai miei compagni di tavolo. No no il regolamento non lo permette, non ci furono cristi, mi sequestrò il barattolo e me lo rese a fine mattina. Lo mangiai su su in camerata.
-Saluto da “Manuale”
Ero in libera uscita, un pomeriggio, in Piazza dell’Indipendenza. Quando vedo arrivare un’auto militare bleu, con tanto di bandierine e stelle sulla scocca. Sicuramente trasportava un Ufficiale di “grado elevato”. Viaggiava in senso Piazza San Marco-Viali. Pensai tra me: ora gli fo un saluto “da manuale”. Voglio proprio vedere se mi risponde. Quando l’auto era davanti a me, inteccherito sugli attenti fo un saluto che meglio non si può. L’auto non si ferma procede per una trentina di metri, poi si ferma, indietreggia, (meno male dietro non c’era nessuno. Però..che risate mi sarei fatto). Si apre il finestrino. Risponde con un saluto altrettanto..impeccabile!
-La marcia
Il mio “rapporto” con la marcia è sempre stato difficile. Fin dai tempi di ginnastica a scuola. Alla maturità rischiai di essere rimandato a educazione fisica.
Tra me e la coordinazione dei movimenti, il ritmo, l’orecchio..insomma c’ è sempre stato un baratro.
Ma il massimo, anche qui è successo da militare. Uno due..passo! Tutti sincroni, all’unisono..e dopo molti secondi arrivavo io, solitario.. Il giorno del “giuramento”, in uniforme, con gli anfibi ed il moschetto era previsto un discreto tratto di marcia per i viali di Firenze, fino a via Venezia sede della Sanità Militare. Prove, controprove, non riuscivo proprio a stare al ritmo con gli altri. Ed il guaio era anche che essendo “non altissimo” ero anche in prima fila! Il Capitano era disperato, non sapeva come fare. Gli mandavo a puttana il plotone, quanto a ritmo e cadenza.. Arrivò a dirmi “o ti butti malato, il giorno del giuramento, o ti metti i tacchi, così retrocedi di qualche fila e ti mimetizzi nel mezzo”.. Poi optò per una retrocessione..senza tacchi. Mi mise qualche fila indietro,nel mezzo al plotone e mi disse, però mi raccomando :” Te cammina regolarmente, e non battere il passo, se no mi mandi all’aria tutto il plotone!, anzi fai i passi più silenziosi possibile.” E così nascosto, senza fare rumore..andò bene!. Facevo conto di camminare sul velluto.
-Il Giuramento
E venne il gran giorno. Nel Chiostro “del Maglio”, alla sede della Sanità Militare, in Via Venezia. Tutti noi schierati in uniforme da combattimento con moschetto ed elmetto. Ufficialoni in alta uniforme, parenti, amici, simpatizzanti,. La banda suona. Discorsi, convenevoli. Poi dopo la domanda di rito:” lo giurate voi ?”. Il copione prevedeva che noi tutti inteccheriti, sull’attenti, senza battere ciglio , all’unisono, si doveva rispondere: “Lo giuro”…. Però c’era una variante consolidata nel tempo. Quelli delle retrovie invece… rispondevano immancabilmente: “l’ho duro” . Il tono era lo stesso, però..un orecchio attento lo sentiva, eccome. Chissà che il famoso “celodurismo” dei “padani” abbia origine da qui.
-Bisboccia a fine corso
A fine corso dopo cena, in camerata decidemmo di festeggiare. Cantuccini e vinsanto comprati in un negozino vicino al Pontevechio, canti goliardici, mi sembra che uno era riuscito a far passare una chitarra e un’organino. Si fece tardi in sana allegria.
Ricordo un collega di Roma, una figura da borgataro, alla Totti. Si chiamava Zangrillo. Gli si diceva: canta Zangrillo e lui: “ci piaciono li polli li polli e le galline perché so senza spine so come il baccalà. Tempi lontani, giovani, pieni di speranze, allora ci si divertiva con poco!
-Poi gli esami di fine corso, la destinazione, nuovi impegni,la vita continua.
Ho tuttora un buon ricordo dei tre mesi passati alla “Caserma Vittorio Veneto” alla Costa San Giorgio, dei Colleghi, degli Istruttori, degli Ufficiali e perché no anche del Colonnello di Battaglione. Del Capitano Delle Side, una brava persona. Del Tenente Ferrelli che mi salvo da “Gaeta”.
Ricordo un solo episodio. Nei famosi discorsi su comportamento ed affini il capitano ci aveva detto che non potevamo portate gli occhiali, a parte quelli da vista con certificato. Io avevo applicato agli occhiali da vista uno di quelli schermetti che li facevano diventare anche da sole. Oggi sono di uso comune, allora non erano molto conosciuti. Insomma mi presento dal Capitano non ricordo per quale motivo e Lui bonariamente mi fa notare che gli occhiali da sole non sono permessi dal regolamento. Tolgo lo schermetto e..voilà..diventano da vista. Ricordo ancora la Sua faccia meravigliata.
Ah, poi l’ombrello. L’ombrello non si può portare quando siamo in divisa. Una mattina mi prese l’acqua, avevo il cappottone tipo grande guerra, che era come una carta assorbente. Apro l’ombrello, incrocio un ufficiale che mi fa notare che l’ombrello non si può usare. La presi tutta. Tornai in caserma che il cappotto sarà pesato almeno 30 chili. Restò bagnato finché non mi congedai!.
E poi la divisa che si cambiava solo il giorno stabilito. Insomma il passaggio dalla divisa invernale a quella estiva, si faceva solo quel giorno li, che nevicasse o che ci fossero 35 gradi all’ombra.
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Mi ci sono rivisto dopo tanti anni