Fondo Caponi, Empoli, Volume 1 pagina 23: la loggia del mercato, ponte di Marcignana e il…
Un lamento dal vuoto – di Giuliano Lastraioli
“Quomodo sedet sola civitas
iam plena populo.”
Dalle Lamentazioni
del profeta Geremia.
Senza proferir verbo in contrario gli amministratori locali hanno tollerato che dopo settecento anni di onorato servizio venisse abolito qui a Empoli ogni grado di presidio giudiziario. Podesteria, vicariato, pretura mandamentale, tribunale monocratico: tutta una serie plurisecolare è finita a gamba cicala. Financo un risibile ufficio del giudice di pace, che almeno nel titolo ricordava i nuvoloni napoleonici.
Che le cose per Empoli si mettessero male se ne erano già accorti i nostri remoti antenati fino dal 1838, quando il granduca Leopoldo II di Lorena, il mitico Babbo Canapone, preferì insediare il tribunale collegiale di prima istanza a San Miniato, rispetto a Empoli che mille ovvie ragioni di opportunità avrebbero invece dovuto privilegiare.
Allora si dette la colpa (o il merito, a seconda dei punti di vista) al professore sanminiatese Pietro Bagnoli, antico istitutore del sovrano, che con le sue arti di convincimento e con la sua indubbia influenza convinse il Regio Padrone a scegliere la città della Rocca, che lo gratificò poi di una statua in piazza al cui piedistallo ancora leggiamo con qualche rimpianto: “Judiciali collegio aucta civitate, miniatenses voti compotes”.
Tanto per dimostrare che, per ottenere vantaggi, è sempre l’effettivo potere politico, non disgiunto da buona volontà, a fare la partita. Nel 1838, a fronte del peso politico di Pietro Bagnoli, non poteva certo prevalere la Empoli di Vincenzo Salvagnoli, già fortemente compromesso col regime granducale e reduce dalle patrie galere.
E neppure dopo l’annessione della Toscana al regno sardo fu possibile agli empolesi girare la frittata, giacché anche dopo la proclamazione dell’unità d’Italia i sanminiatesi ebbero nel professore Augusto Conti un patrono di superiore levatura.
La situazione si stabilizzò fino al 1925, quando il potente gerarca livornese Costanzo Ciano impose a favore della città labronica un pesante ritaglio di confini che, alla fine, determinò la soppressione del tribunale collegiale di San Miniato e di alcune preture, fra cui quella di Fucecchio. L’onorevole Alessandro Martelli, deputato di Empoli, riuscì con estrema difficoltà a salvare la pretura di Castelfiorentino e ad ottenere, per brevissimo tempo, il trasloco della sottoprefettura circondariale in una Empoli formalmente elevata al rango giuridico di città. Fu un contentino da poco, che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come e qualmente abbia sempre a prevalere il vero potere politico. Peraltro, l’eccidio del 1° marzo 1921 non aveva certo giovato a sostenere le ragioni empolesi.
Morale della favola: senza mi santo in paradiso non si può sfondare, la nomenklatura nostrana fu già da me invitata a buttarsi in Arno dopo il fallimento delle flebilissime querimonie sollevate per scongiurare un disastro a dir poco epocale.
Tutti hanno continuato imperterriti nel proprio “particulare” coltivando interessi di partito e di bottega. Nemmeno l’avvocatura ci ha fatto una bella figura, palesandosi una entità scollata e disordinata.
Ancora una volta Firenze ha fagocitato l’universo mondo.
Ora leggo sui giornali che tutti i sindaci della Valdelsa neoeletti sono d’accordo per l’unione dei comuni al fine di tutelarne l’autonomia rispetto alla metropoli.
Sulla possibilità di un auspicato ripristino degli uffici giudiziari non abbiamo però letto una parola.
Alcuni, qua e là, sostengono l’eventualità di praticabili aperture più strette della cruna di un ago, ma pur sempre agibili.
E’ in allestimento un convegno sul tema da parte dell’associazione forense, cui dovrebbero partecipare anche i politici locali, se ne avranno il fegato.
Conosco i miei polli e penso che creperò a Nòvoli.
Ai nostri nonni faceva fatica salire a San Miniato.
Oggi non ci parrebbe vero.
GIULIANO LASTRAIOLI
Decano degli avvocati
di Empoli-Valdelsa
11 giugno 2014
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