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Paolo Santini – Quando le banche non compravano i “titoli tossici” e prestavano il denaro a chi ne aveva bisogno davvero
Oggi che tutti sembrano essere d’accordo, – rigorosamente solo dopo l’emersione dei noti scandali come quello che sta interessando il Monte dei Paschi, e salvo prevedibile retromarcia di qui a qualche mese –, sulla necessità di una normativa che separi le banche commerciali dalle banche d’affari, siamo stimolati da alcune riflessioni sul nostro più recente passato.
Parleremo dunque di banche, ma di quelle che non compravano i “titoli tossici” derivati e che i soldi li prestavano davvero. A chi ne aveva bisogno.
Un precursore, Vittorio Niccoli. Negli anni Ottanta dell’Ottocento Vittorio Niccoli, fondatore della prima cassa rurale italiana, la Cassa rurale di prestiti di Cambiano, si esprimeva in questo modo: “Mentre il bisogno di capitali è andato e va giorno per giorno, in agricoltura, crescendo, tutto un complesso di condizioni legislative ed economiche ha cooperato acchè i risparmi affluiscano dalle campagne, dalle borgate, dai villaggi e, in genere, dai piccoli centri verso i centri maggiori. Specialmente a mezzo delle numerose succursali delle Casse di risparmio e, insieme, delle casse postali, i capitali raccolti nelle località eccentriche discendono con moto incessante, a piccoli rivoli, via via ingrossandosi strada facendo, verso i grandi centri. E colà han tendenza a rimanere e trovare utile impiego, attratti dalle grandi industrie, dal grande commercio, dal rapido e talora sfrenato incremento edilizio”.
Le casse Operaie cattoliche. Le cooperative di prestiti nascono con l’obiettivo di moderare o arrestare la tendenza del risparmio a fuggire dalle campagne e di creare le condizioni in virtù delle quali esso potesse rimanere e venire impiegato laddove veniva prodotto. Inoltre i mezzadri, i braccianti, i piccoli commercianti ed i piccoli artigiani difficilmente potevano trovare credito da soli presso le banche mentre, se era una cassa di prestiti a chiederlo ad istituti d’appoggio di più grandi dimensioni per poi ridistribuirlo ai soci, allora l’operazione diveniva più semplice e meno onerosa. Le prime casse di prestiti italiane furono dette casse neutre, perché non si rifacevano ad una precisa matrice politica o religiosa. Già negli anni Novanta dell’Ottocento le casse di prestiti erano in gran parte divenute casse Operaie Cattoliche.
Credito e agricoltura. Con i primi anni del secolo XX, nel momento in cui l’espansione del modello mezzadrile giunge ai massimi livelli, la necessità di ampliare e rinnovare le attrezzature agricole, i modelli colturali, l’organizzazione stessa del modello che sta conoscendo adesso un’evoluzione senza precedenti, genera un po’ ovunque e quindi anche a Vitolini un’importante necessità strettamente correlata: la facilitazione della possibilità di accedere al credito.
Un sacerdote impegnato. Con lo spirito mutualistico e con lo scopo di “migliorare le condizioni morali ed economiche dei suoi soci”, nasce il 5 gennaio 1908 la “Cassa Operaia Cattolica di risparmio e credito di Vitolini”. I lavori di costruzione dell’edificio destinato ad ospitare la banca erano iniziati almeno dal 1904, e a tutti quelli che prestarono la loro opera per la costruzione dell’edificio furono distribuite, al momento della costituzione della banca, alcune azioni. Che tempi! Anima dell’operazione fu un sacerdote, Don Paolino Contardi. Per lui, poter far avere ai coloni, ai braccianti, agli agricoltori, la possibilità concreta di accedere ai prestiti di denaro per l’incremento, l’avvio o lo sviluppo delle proprie attività, fu un obiettivo in piena coerenza con lo spirito del ministero religioso; egli aveva capito che per far raggiungere anche alle classi sociali più deboli livelli di vita accettabili non ci si doveva limitare esclusivamente all’esercizio della carità cristiana, non sarebbe bastato: era necessario fornire a tutti quegli strumenti economici utili per realizzare le proprie idee ed aspirazioni, concedere a tutti gli strumenti economici fino ad allora concessi a pochi.
Quasi contemporaneamente, sempre nei locali della Cassa Operaia Cattolica, veniva aperto uno spaccio di generi alimentari di proprietà della stessa banca. Lo spaccio garantiva la possibilità a tutti di acquistare generi alimentari, con la facoltà di pagarli nel momento in cui nelle tasche delle famiglie contadine sarebbero arrivati i soldi dei raccolti; si trattava in sostanza di un prestito, non di denaro ma di generi di prima necessità.
“La Banchina ha sfamato tanta gente”, solevano ripetere in molti. Nel 1949 la Cassa Operaia Cattolica, dopo gli anni bui della guerra, si trasformava in Cassa Cooperativa di Vitolini; nel marzo del 1970 poi, venne effettuata la fusione fra la Cassa Cooperativa di Capraia e Montelupo e la Cassa Cooperativa di Vitolini. A siglare l’accordo, ritenuto utile per la crescita di entrambe le realtà, furono i presidenti delle due banche, Demetrio Fanciullacci e Tito Lupi, supportati dalla volontà dei rispettivi soci, consapevoli dell’importanza dell’operazione per la sopravvivenza delle stesse banche. E la banca continuò ad essere elemento di traino per lo sviluppo delle nuove attività, come le confezioni e le altre manifatture artigiane.
La fine. L’ultimo atto che ha riguardato la banca in tempi recenti poi – l’incorporazione della Banchina da parte di un grande istituto di credito – è cosa nota: un pezzo importante di storia di questo popolo laborioso e attaccato ai valori cristiani se n’era andato miseramente per sempre.
L’atto di nascita
“L’anno millenovecentootto e questo giorno cinque del mese di gennaio in Vitolini, avanti a me dott. Giovanni Antonio del fu Giacomo Fontana, notaro regio residente in Vinci si sono personalmente costituiti quali parti stipulanti il presente atto pubblico i signori Gaini Giuseppe, colono, Contardi Don Paolino, sacerdote, Gaini Egidio, colono, Cenci Giovanni, colono, Mazzanti Odoardo, colono, Giannini Don Cesare, parroco, Lupi Enrico, possidente, Lupi Oreste, possidente, Cinotti Attilio, commerciante, Tani Attilio, colono, Gaini Antonio, possidente, Lupi Emilio, bracciante, Pini Alfredo, fabbro ferraio, Borracchini Francesco, colono, Tani Agostino, colono, Spinelli Basilio. Le suddette parti dichiarano con l’atto presente costituire fra loro una società anonima cooperativa a capitale illimitato sotto la denominazione “Cassa Operaia Cattolica di Risparmio e Credito di Vitolini”. La società ha per iscopo il miglioramento delle condizioni morali ed economiche dei suoi soci”. Era nata la banca di Vitolini.
Paolo Santini
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