Dal Fondo Guerri: il quartiere Ina Casa a S. Maria
L’Arco e Loggia della Gendarmeria
In entrambe le versioni della Storia di Empoli, redatte dal Chiarugi e dal Lazzeri, è citata l’antica presenza di sei grandi “casamenti” intorno alla Pieve di S. Andrea a cento braccia circa, indicativamente 58 metri.
Nella descrizione di uno di questi, entrambi fanno riferimento all’Osteria della Gallesa posta in Via del Giglio, che in passato ospitava molte altre osterie. Il Chiarugi ne offre una migliore descrizione rispetto al Lazzeri, citando con inequivocabile precisione alcuni elementi del tessuto urbanistico di allora:
….”Il secondo edifizio era appresso la Pieve, e non molto lontano, detto già l’Osteria della Gallesa, e che anche più modernamente fù chiamato l’Osteria della Gazzera, e finalmente ai dì nostri l’Osteria dei Cavalieri, moderna dimora degl’Agenti di Polizia. A essa perfino ai dì nostri un interno cortile con una loggia di cinque archi: ed offre ancora un passaggio tra Via del Giglio, e la parallela e più settentrionale, Via Chiara.”…
Si può notare come l’autore descrive molto bene il Vicolo della Gendarmeria, collegante Via del Giglio e Via Chiara, e accessibile ancora oggi da questa via mediante un porticato con volta a botte sottostante a un edificio. Pure l’odierna denominazione del Vicolo ricorda che in passato qui aveva luogo la dimora della Gendarmeria, e tutto ciò è ben riconducibile alla presenza della “moderna dimora degl’Agenti di Polizia” ricordata dal Chiarugi. All’interno di questa citazione è ricordato anche il cortile interno prospiciente il Vicolo stesso, ma ancor più interessante è la presenza di una loggia a cinque archi che in parte consentiva il passaggio pubblico.
L’Arco, tuttora visibile, è l’unico rimasto di quelli che costituivano la preesistente loggia, che sembra fosse stata in parte a servizio delle settecentesche forze dell’Ordine Pubblico, mentre le altre quattro arcate sono state tamponate ed inglobate dall’edificio soprastante. (vedi Fig. n° 3).
La sua odierna composizione architettonica avvalora questa ipotesi a tal punto da poter individuare facilmente la loggia, inglobata nell’edificio. Più in dettaglio:
- Nella facciata si riconoscono due colonne in pietra serena, di cui una col capitello in buone condizioni.(Fig. n° 4)
- Il capitello della terza colonna è posto alla stessa altezza degli altri, (Fig. n° 5) mentre l’ultimo capitello, diversamente scolpito è posto più in basso.(Fig. n° 6)
- Le distanze fra tutti i capitelli non lasciano dubbi che in antichità le colonne facessero parte del loggiato.
Attualmente le colonne in pietra serena portanti l’arco si trovano in uno stato di grave degrado, Nonostante il degrado delle colonne in pietra serena portanti l’Arco, recentemente coperte pure da un sottile strato di malta cementizia, nonostante ciò il capitello visibile (Fig. n° 4) ricorda quelli posti nel chiostro interno del Convento degli Agostiniani in Via de’ Neri. Anche l’analisi delle mappe catastali rilevate in vari periodi, consente di interpretare l’evoluzione costruttiva della loggia.
Nell’ingrandimento dell’Estratto di Mappa del Catasto Lorenese, rilevato nel 1820, è rappresentato abbastanza bene il loggiato a cinque arcate adiacente al cortile interno del Vicolo della Gendarmeria. In seguito, il susseguirsi di vari interventi ha trasformato pesantemente il suo originale aspetto architettonico, lasciando inalterata l’unica arcata superstite per consentire il passaggio al pubblico. (vedi Fig. n° 2)
Tra gli anni 1820 e 1873 la loggia, rappresentata dalla particella n° 696, fu frazionata in due parti, e solamente quella interna fu trasformata in edificio. Nel periodo compreso tra gli anni 1873 e il 1892, non furono effettuate modifiche di nessun genere, ma nel periodo successivo, tra il 1892 e il 1911 avvenne l’ultimo ampliamento sulla restante parte della loggia, trasformandola definitivamente in una costruzione civile. Sicuramente in questo ultimo arco di tempo fu effettuato anche la sopraelevazione, operazione edificatoria molto frequente in quegli anni, caratterizzata dal diffuso impiego del “massello” di calce e ghiaia come materiale da costruzione.
In seguito, tra il 1911 e 1939 questa costruzione fu unita ad altri edifici circostanti diventando un’unica particella, la n° 199.
Dall’anno 1939 ad oggi non sono avvenute altre sostanziali trasformazioni su questo immobile, peraltro non danneggiato dalle operazioni militari della seconda guerra mondiale.
Articolo e foto pubblicate sul “Il Segno d’Empoli” p. 20-21. – A. 17, n. 66 [set. 2004]
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