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Il progetto di restauro di Porta Pisana dell’architetto Ezio Cerpi, 1959

Abbiamo recuperato questo disegno, pubblicato nel Bullettino Storico Empolese Vol. I, anno 1959.

Fa parte di un progetto, che risale ai primi anni del ‘900, e che doveva servire a recuperare agli antichi splendori la nostra Porta Pisana, che negli anni era diventata molto diversa da quella originale, arrivando a diventare adibita ad usi abitativi, come si vede dalle foto di Pietro Caponi già pubblicate. Evidentemente il progetto rimase chiuso nei cassetti comunali e potrebbe servire, caso mai, proprio adesso, in vista di uno sperato restauro della antica e gloriosa Porta.

Ma vediamo intanto chi era questo progettista, ai suoi tempi un vero e proprio punto di riferimento (visti anche i ruoli pubblici che rivestì) e attivissimo nel recupero e nel restauro di edifici religiosi e civili.

Dal Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani, riporto il profilo professionale del professionista:

Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 23 (1979) di Paolo Vicentini

CERPI, Ezio. – Figlio di Ferdinando e Lucia Dani, nacque a Siena il 4 apr. 1868; studiò alla Accademia di Belle Arti, prima della città natale, poi a Firenze, dove fu allievo di Luigi Del Moro e di G. Partini. Nel 1895 entrò a far parte dell’Ufficio regionale per i monumenti della Toscana. Nello stesso anno il C. operò il suo primo intervento di restauro al campanile della badia di Firenze, nel corso del quale vennero riaperte le sottili finestrature bifore e rifatta la cuspide; nel 1899 condusse il primo restauro di ampie dimensioni nella chiesa di S. Ambrogio, sempre a Firenze.

Nel 1901 il C. partecipa con un suo progetto al concorso per la Biblioteca nazionale e dirige il restauro della chiesa di S. Maria delle Carceri a Prato nel corso del quale viene consolidata la cupola, riassestata la pavimentazione e vengono rimosse le decorazioni ottocentesche dell’interno. L’anno seguente il C. diviene docente alla Accademia di Belle Arti di Carrara, e nel 1906 è nominato architetto dell’Opera di S. Croce, carica nella quale succede a Del Moro e a M. Maiorfi. A differenza di quella dei predecessori, l’attività del C. in S. Croce si distingue per l’ampiezza degli interventi progettati.

Tra il 1906 e il 1910 viene consolidata la copertura della chiesa e sono riaperte le finestre bifore delle cappelle, in parte accecate da sovramattonature, quadri e decorazioni lignee barocche, e sono riportate alla luce le antiche vetrate colorate delle cappellette Bardi, tra coro e grande cappella Bardi; attorno alla cappella Baroncelli, sul lato opposto del transetto, vengono rievidenziate le decorazioni a fresco sugli archi, sui pilastri e sui fascioni delle pareti; è riportato alla luce un affresco del XV sec. sopra la porta di accesso al chiostro della cappella dei Pazzi, ricoperto insieme alla sovrastante finestra nel Settecento; infine viene ritrovata, sotto le sovramattonature del muro esterno del transetto sinistro, l’antica porta dei Laudesi in pietra forte con raffigurazioni giottesche (Il Marzocco, XV [1910], 28, p. 5).

Negli stessi anni il C. conduce una intensa attività di progettista e soprattutto di restauratore che lo porta ad operare in tutta la Toscana.

Fra i suoi restauri si ricordano: a Firenze, il palazzo Quaratesi in via del Proconsolo, il tabernacolo dell’Orcagna in Orsanmichele (G. Giovannoni, in Archit. e arti decor., IX[1929], pp. 47 s.), la certosa del Galluzzo; a Pienza il palazzo pretorio, il palazzo Formichi e la chiesa di S. Francesco; inoltre restaura il campanile di S. Domenico a Prato, l’anfiteatro di Fiesole, l’interno della chiesa degli Scalzi a Pisa, l’abbazia di S. Godenzo in Mugello, il pal. vicariale a Certaldo, il convento di S. Antonio a Piombino, la chiesa parrocchiale di Rapolano e la chiesa di S. Domenico a San Miniato al Tedesco; a questi interventi, datati tra la fine del secolo e il 1920, bisognerà aggiungere la ricostruzione del castello di Poppiano e gli ampi lavori condotti nel palazzo pretorio a Prato.

Nello stesso periodo il C. esegue anche progetti di nuovi edifici, tra cui il Museo civico nella zona archeologica di Fiesole, che riproduce un tempietto ionico in antis di tipo romano (illustr. in Pagine d’arte, II[1914], p. 122, e in Arte cristiana, II[1914], p. 281), la cappella Fulfanelli nel cimitero di S. Miniato al Monte a Firenze, le chiese di S. Bartolomeo a Caiano, di S. Maria a Prato e di S. Quirico a Legnaia, il palazzo della Mercanzia a Firenze, la facciata della centrale elettrica a Piombino.

Tra gli ultimi interventi di restauro, si ricordano quelli del campanile del duomo di Pistoia, dei palazzi pretori di Figline Val d’Arno e di Scarperia, del palazzo del Tribunale di Firenze; inoltre progetta la nuova sala delle quotazioni della Borsa di Firenze. Infine il C., divenuto segretario del Sindacato fascista degli architetti, porta a termine, nel 1930, i lavori di restauro al palazzo sede della Confraternita della Misericordia in piazza del Duomo a Firenze, ideati e iniziati da G. Paciarelli: il C. ristruttura la parte del sottosuolo destinando a locali di servizio gli ambienti in precedenza riservati alla sepoltura dei confratelli; accantona l’originale progetto che prevedeva la costruzione di una nuova chiesa al posto dell’oratorio, e si limita al restauro e all’ampliamento di quest’ultimo con l’inserimento di una pregevole robbiana sopra l’altare maggiore e con la collocazione di due altari secondari. Al C. sono pure attribuiti il ritrovamento e il primo intervento di recupero dei resti della chiesa di S. Pier Scheraggio in via della Ninna a Firenze, distrutta dal Vasari per la edificazione del palazzo degli Uffizi.

Il C. morì a Firenze il 16 luglio 1958.

Nel necrologio su La Nazione del 20 luglio 1958, si ricordano i titoli e le numerose cariche da lui ricoperte (architetto, cavaliere ufficiale mauriziano, professore emerito dell’Accademia fiorentina dell’Arte del disegno, professore onorario della Accademia di Belle Arti di Carrara), e si elogia la sua vita dedicata “al restauro e al ripristino dei monumenti medioevali e rinascimentali toscani”.

Nel complesso l’opera del C., distribuita tra la fine del secolo e il 1930, si uniforma a orientamenti molto diffusi nella cultura contemporanea, specie toscana, ed è il frutto di una interpretazione del restauro come tutela di una immagine soprattutto rinascimentale sia dell’architettura sia dello stesso ambiente urbano. Sintomatici in questo senso i plausi incondizionati all’opera del C. espressi in varie occasioni nella rivista fiorentina Il Marzocco e in un articolo comparso nel 1901 su Civiltà cattolica che, introducendo un resoconto di alcuni restauri in buona parte opera dello stesso C., afferma: “Gli architetti degli uffici regionali per la conservazione dei monumenti nazionali, procedendo generalmente con rigorosi criteri storici, restituirono già a non poche chiese e palazzi medioevali le loro genuine fattezze che parte il tempo, parte le stranezze dei tre ultimi secoli, con vastissima strage avevano rovinate”.

In sostanza il C. da una parte evita ricostruzioni generalizzate (principio al quale egli si è in genere riferito pur concedendosi alcune deroghe), dall’altra tende ad un ripristino datato che si attua spesso mediante generose ripuliture che, seppure condotte con discrezione e buona tecnica, quasi sempre sacrificano acriticamente la feconda complessità delle stratificazioni storiche alla ricerca di una pretesa unitarietà originaria.

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