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Giuliano Lastraioli: LA GIUNTA ALLA DERRATA

La finta nicchia, dipinto di Masolino da Panicale, Chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani, Cappella di S. Elena

Noterelle sparse sull’ultimo lavoro della Ragionieri

Per carità di patria non ne volevo scrivere, ma la stroncatura del Siemoni al libretto della Ragionieri sulla chiesa di Sant’Agostino mi impone di dare la giunta alla derrata.

Anzitutto mi meraviglia la meraviglia del Siemoni nel rilevare la totale impertinenza di molti ponticelli oratori che l’autrice infila, a mo’ di excursus, nell’impianto della trattazione per dimostrare l’ampiezza del suo sapere e delle sue letture.

Ormai sappiamo che Rossana ha il culto del peculiare e del pezzetto strano, con assoluta preferenza per la trouvaille curiosa e singolare.

Io non sono uno storico dell’arte e francamente mi stanno sulle palle le ben calibrate discussioni dei competenti in materia, specialmente in punto di attribuzioni di paternità di questa o di quell’opera.

Lascio quindi il compito al Siemoni, che mi sembra averlo svolto bene e con correttezza.

A me interessa il lavoro sotto il profilo squisitamente editoriale e storico.

La carenza più grossa, a mio avviso, è la mancata citazione del pur celebre passo di Gabriele D’Annunzio, nelle “Faville del maglio”a proposito della lunetta mariana di Masolino da Panicale, che da sola avrebbe meritato un capitolo nell’economia del volume per l’importanza del Vate nell’italica letteratura e per l’incisiva descrizione delle sensazioni provate nell’ammirare l’affresco; “trafitto da un raggio di castità” (roba da Sgarbi ante litteram).

Ci sarebbe poi un piccolo campionario di inesattezze da segnalare, ma queste hanno poco peso nel complesso del lavoro. Qualche esempio. A pag. 24 la Ragionieri inserisce la riproduzione fotografica di un ordine di pagamento del 1859, firmato dal gonfaloniere Bucchi, e impartito al camarlingo Majoli. Lo ha letto male, giacché nel testo, a pag. 23, scrive invece che fu il Majoli ad autorizzare la spesa. Quisquilie. A pag. 33, per un innocente refuso tipografico, un rilievo architettonico del povero Francesco Violanti viene datato 1880, anziché 1980. Altro refuso antipatico, a pag. 57, riguarda Loris Scarpellini, che diviene indebitamente Scalpellini (ma forse questo è un danno indotto dal correttore automatico).

Il campanile non crollò il 24 luglio 1944, ma nella tarda serata, del 23,  quando – a partire dal ponte sull’Elsa – i pionieri della 3. Panzer Grenadier Division fecero brillare le mine in tutto il  territorio empolese. Il ponte sull’Arno era già saltato il 16.

Don Faustino Poli non era il parroco, ma il curato della collegiata di Empoli (pagg. 76-77). Ufficialmente il parroco di Empoli era il capitolo della pieve, finché durò. Monsignor Giovanni Marchetti non mise mai piede in Anatolia (pag. 111). Fu investito arcivescovo di Ancira, l’attuale Ankara, come prelato “in partibus infidelium”, ma ovviamente tale dignità era del tutto nominale.

Mi fermo qui perché con questo caldo m’è venuto a noia. La Misericordia ha sì gran braccia, come dice il poeta, che accoglie ciò che si rivolge a lei. In ogni caso, buona lettura.

GIULIANO LASTRAIOLI

 

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