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A futura memoria – Giuliano Lastraioli

Un fanatico della cronologia, di quelli che vivono col manuale del Cappelli sul comodino per paura di perdere una scadenza, mi preavverte, con ben cinque anni di anticipo, che nel 2019 Empoli dovrà festeggiare, a Dio piacendo, i novecento anni dalla sua effettiva fondazione, dato per acquisito in sede storica che l’attuale insediamento, come entità giuridico-territoriale continuativa, risalga al breve d’incastellatura concesso nel 1119 al pievano Rolando dalla contessa Emilia per procura del marito Guido Guerra, feudatario della contrada.

Su questo strumento, a partire dal Lami, c’è stata fatta pure la birra, anche per la sua oggettiva rilevanza che travalica il contesto strettamente locale.

Ho il fondato timore che, per ovvie ragioni anagrafiche, non potrò prender parte (quantomeno attiva) alle celebrazioni del 2019. Mi permetto allora, con larghissimo margine, qualche riflessione sull’evento, così, a futura memoria, senza nemmeno andare a compulsare il mio saggio giovanile “Empoli tra feudo e comune”, col quale peraltro, a ragion veduta, non sono più nemmeno tanto d’accordo dopo gli ulteriori studi e ricerche e dopo una lunga e tribolata maturazione di vita.

L'avvocato Giuliano Lastraioli, in uno scatto di Alena
L’avvocato Giuliano Lastraioli

Tanto per esemplificare.

Ieri sera mi è tornato fra le mani il primo volume della storia fiorentina del Davidsohn, che non aprivo da alcuni anni, convinto che ormai non ce ne fosse più bisogno. Errore! Quello è il pozzo di San Patrizio e non si finisce mai di attingervi. Nulla sembra sia sfuggito a quel giudeo di Danzica piovuto in Toscana a insegnarci la nostra storia, con tutto il rigore della sua scuola prussiana.

Ebbene: l’erudito baltico inquadra alla perfezione il momento, la situazione politica e le ragioni contingenti che determinarono il sorgere di una Empoli definitiva, ancora attuale, che riuniva fra le strette mura di un nuovo castrum quanti vivevano attorno alla pieve di Sant’Andrea pescatore, che già nel 1093 era stata arricchita di pregevoli marmi e di forme aggraziate da cinque preti tedeschi che vivevano in comunità. I loro nomi, eternati in epigrafe ancora leggibile, non hanno nulla di latino. Erano chiaramente di stirpe longobarda e si chiamavano Rudolf, Boniçço, Anselm, Roland e Gerhard. Tutto intorno, lungo la via pisana (la consolare Quinzia), erano fiorite chiesette dedicate a San Michele Arcangelo, patrono dei longobardi, da Montorzo sopra Vico Wallari e Pianezzoli all’estremo lembo della diocesi lucchese fino a Empoli Vecchio, a Pontorme, a Lignana.

Imperversava allora la lotta delle investiture fra papato e impero. Alla morte della contessa Matilde di felice memoria un margravio Robodo comandava in Toscana, inviato dall’imperatore “pro iustitia facienda”.

I feudatari locali, Guidi e Alberti, erano in eterno conflitto per la spartizione della famigerata eredità cadolingia, di cui tutti hanno sproloquiato senza capirci nulla, se non che a un certo momento ci mise le mani la città di Firenze in potente espansione politica e territoriale e divenne infine l’unica padrona.

Scomparso Rabodo fece la sua comparsa il nuovo margravio Corrado di Scheier, un bavarese che ebbe dall’imperatore la nomina di signore dei beni di Matilde.

Le cose si andavano complicando maledettamente, anche perché i fiorentini premevano sempre di più per governare il proprio contato o “comitatus” vescovile, al quale era addetta la pieve di Empoli con le sue attinenze.

Il prete Rolando, uno dei cinque ricordati nella nota iscrizione in versi leonini, doveva essere un bel marpione. Sapeva bene che Empoli era un feudo guidingo, ma aveva anche capito che i contrapposti movimenti incorso costituivano un pericolo permanente per una popolazione sparpagliata e indifesa. Mentre il conte Guido era impegnato in una delle sue continue imprese militari (non per nulla lo chiamavano Guerra), si palesò di comune interesse l’incastellatura di Empoli, cioè la fortificazione del luogo mediante cinta di mura al cui interno potessero stabilmente rifugiarsi quanti non si sentivano sicuri nella circostante campagna. La trattativa fu conclusa a Pistoia nel dicembre 1119 fra il pievano Rolando e la contessa Emilia, quale procuratrice a tutti gli effetti del marito Guido. Non è mancato l’inevitabile emulo di Dan Brown che ha fatto qualche pruriginosa insinuazione su una sospetta “liaison” sentimentale fra i due contraenti. All’epoca però il buon Rolando doveva essere piuttosto stagionato, visto che già compariva come prete nel 1093.

L’unico fatto accertato è che, da allora, esiste l’Empoli attuale. Secondo Davidsohn l’iniziativa non fece piacere ai fiorentini, sempre ostili alle forze feudali, ma soprattutto non fece piacere ai conti Alberti, eterni avversari dei Guidi e a loro volta titolari del limitrofo feudo di Pontorme. Una bella guerricciòla era d’obbligo e Guido aveva convinto il margravio Corrado ad assediare il minuscolo castello in riva all’Orme col supporto di cavalieri tedeschi e di milizie lucchesi. Non si sa come andò a finire. Con ogni probabilità in un nulla di fatto, una delle solite cavallate buone soltanto a depredare stalle e granai. Era il 1120. Un dato è certo nella storia: i pontormesi si dettero a Firenze prima ancora degli empolesi, che ressero fino al 1182 prima di recare il cero a San Giovanni.

E’ altrettanto certo che il pievano Rolando vada considerato un padre fondatore. Su questo non c’è dubbio.

2 maggio 2014

GIULIANO LASTRAIOLI

Questo articolo ha 4 commenti

  1. Ma quanto mi piace e mi appassiona leggere i tuoi commenti e le tue historie. Io sono un pontaelsese doc, nonchè empolese, ma tu mi affascini…sempre. Grazie Giuliano.

  2. Grande Giuliano, sei unico e irripetibile! Gabbriella

  3. Bravo Lastraioli! Spero che l’Amministrazione ci metti del suo. In caso contrario e comunque, direi di attivarsi con le scuole superiori per costruire un intervento museale sulla storia urbanistica di Empoli. Ho visto un bell’esempio nel museo della città di Dresda. Creiamo un gruppo che fin da ira si interessi a costruire questo “documento”?
    Metto a disposizione il Liceo Scientifico. Ogni scuola potrebbe interessare a studiare gli aspetti grafici, amministrativi, economici, ecclesiastici, storici ecc Perchè non facciamo un incontro con Lastraioli e Pagliai per butar giù idee?

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