Skip to content

Claudio Biscarini – C’è reduce e reduce. C’è anniversario e anniversario

E così, da pochi giorni, se ne è andato anche il 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Non che sia stato molto ricordato. E’ stato ampiamente surclassato dal 100° anniversario dell’entrata in guerra nel “radioso” maggio 1915.


Claudio Biscarini

 

 

di CLAUDIO BISCARINI       segui  su   Facebook 


 

Non c è stato luogo, città o piccolo borgo che non abbia, in qualche modo, ricordato i bisnonni che andarono e combatterono sul Carso, sulle Dolomiti, sul Piave. Tutto giusto, tutto giusto. Ma gli altri?

Quelli che combatterono quasi con lo stesso armamento, le divise di panno in Africa settentrionale, le scarpe di cartone in Russia e nei Balcani, affondati sulle navi senza radar nel Mediterraneo o caduti abbattuti sui biplani contro gli Spitfire britannici? Quelli non contano?

Fu giusto istituire, con la legge 263/1968 nel cinquantenario della vittoria del novembre ’18, l’Ordine del Cavalierato di Vittorio Veneto per i reduci dalle patrie battaglie della Grande guerra. Piccolo riconoscimento per coloro che avevano affrontato l’inferno delle trincee. Ma fu diverso l’inferno delle linee di El Alamein nel calore del luglio africano? Fu diverso l’impegno nei capisaldi lungo la linea del fiume Don e nella ritirata a -30 °C ? Eppure, nessuno ha mai donato a costoro niente di più che un silenzio assordante.

Anni or sono, ci fu una proposta di destinare, ai reduci della seconda guerra mondiale, un qualche indennizzo, una medaglia, qualche cosa che ricordasse che anche loro si erano sacrificati in nome dell’Italia, fascista sì, ma sempre Italia. Poi, più nulla e oggi che son morti quasi tutti, nessuno più ne parla.

Fu guerra fascista, voluta dal fascismo ma combattuta da soldati il cui giuramento era questo: Giuro di essere fedele al re e ai suoi Reali Successori, di osservare lealmente lo statuto e le altre leggi dello Stato e di adempiere tutti i doveri del mio stato, al solo scopo del bene inseparabile del re e della Patria.

Non giuravano a Mussolini i nostri militari, come facevano quelli tedeschi che si rivolgevano a Hitler come Cancelliere, Capo di Stato e capo del nazionalsocialismo. I nostri giuravano come avevano fatto quelli del ’15-18 e anche gli altri, prima: al Capo dello Stato che, fino al giugno 1946, era senza alcun dubbio il re Savoia. Eppure non son valsi i dolori, le sofferenze, le ferite, le mutilazioni, la morte di tanti giovani in quella sciagurata guerra perché gli fossero riconosciuti almeno gli onori che si danno a un combattente. Non bastarono le prigionie in Russia, tanti, tanti anni, in Germania, nel Commonwealth, negli Stati Uniti: niente bastò per il  soldato della sconfitta. Gennaro, il reduce di Napoli milionaria, giustamente afferma Quann’io turnaie ‘a ll’ata guerra, chi me chiammava ‘a ccà, chi me chiammava ’a llà. Ma mo pecché nun ne vonno sèntere parla?

Proprio così: la sensazione è che della seconda guerra mondiale italiana, a parte per chi l’ha fatta, meno se ne è parlato, meglio è stato. C’è voluto Carlo Azeglio Ciampi perché, alla fine, almeno di Cefalonia e dei 600.000 I.M.I. ci si rammentasse e si dicesse che, sì, anche la loro è stata Resistenza. Appunto: Resistenza. Ma chi ha combattuto dal 10 giugno 1040 all’8 settembre 1943?

Non ci resta che mestamente riportare una quartina, tragica nella sua amarezza, pubblicata da quel grande giornalista che fu Paolo Monelli nel 1947[1] e che dice: Già la nave ha lasciato la riva/ E tutta la gente d’intorno applaudisce/Tutti restano; lui solo partisce/ volontario, cornuto, soldà.

 


Note e Riferimenti:

[1] Cfr. Paolo Monelli, Naja parla: le parole della guerra e dei soldati esposte e illustrate con aneddoti, ricordi e considerazioni varie, a diletto dei reduci, a edificazione dei borghesi e ad erudizione dei filologi, Longanesi editore, Milano 1947.

Questo post ha un commento

  1. Come? Sono settant’anni che ogni primo maggio, che ogni festa dell’Unità, che ogni 25 aprile si ricordano i gloriosi combattenti per la democrazia, coloro che hanno dato la libertà all’Italia, che hanno dato il loro sangue per combattere dalla parte giusta…e tu ti lamenti perchè non hanno fatto un “giornata commemorativa” nel 70°? Questi sono i figli d’Italia da commemorare! Gli altri, con le scarpe di cartone o finiti nei fondali marini o sulle dune, erano i “bastardi” della parte sbagliata: peggio per loro che non hanno saputo scegliere bene. Ma peggio per noi che da 70 anni lasciamo fare.

Lascia un commento

Torna su