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Carnia 1945, la morte di Rinaldo Cioni, ingegnere empolese – di Claudio Biscarini


di CLAUDIO BISCARINI

20 luglio 1944. In Valdelsa le truppe alleate stavano per raggiungere Castelfiorentino.
A Rastenburg, Hitler era vittima dell’attentato di Von Stauffenberg.

In alta Italia, dentro quella “enclave” germanica chiamata Adriatische Kustenland, su cui la repubblica di Mussolini non aveva potere, governata da un Gaulaiter come Friedrich Rainer, giunsero i primi trasporti dell’armata Cosacca in Italia.
Ma chi erano questi uomini e perché la loro presenza in Carnia? Si trattava di ex prigionieri catturati dalla Wehrmacht durante la campagna di Russia. Da sempre insofferenti al potere  Mosca, assieme ad altri dissidenti del vasto impero sovietico, si erano uniti e facevano capo a quella Russkaja Oswobodietelnaja Armia che, agli ordini del generale Andrei Andreievic Vlasov un ex delfino di Stalin, veniva organizzandosi in Germania.

I cosacchi, riuniti in unità di cavalleria, specialità a loro congeniale, erano ai comandi dell’Ataman P.N. Krassnoff, ex ufficiale zarista in esilio, e del generale Serghei Vasilievic Paulov a cui succedette, dopo la morte “misteriosa” di questi, il generale Timofei Ivanovic Domanov. L’armata che giunse in Italia nel 1944 comprendeva circa 18.000 cosacchi del Don, Terek e Kuban.
Accompagnati dalle famiglie e dai beni “mobili”, alla loro usanza, questi militari istallarono presidi a difesa delle linee di comunicazione da attacchi partigiani.

A settembre giunsero altre unità di cavalieri agli ordini dei generali Andrei Grigorievic Shkuro e Sultan Ghirei Klitsch. L’arrivo di questa vera e propria orda, in un primo tempo colpì profondamente gli abitanti della Carnia ma restò sempre difficile un rapporto fra etnie così diverse. Affiancati a unità della Wehrmacht, i cosacchi vennero adoperati per la repressione antipartigiana delle brigate Osoppo e Garibaldi. A loro, dopo Ia “immancabile vittoria finale”, era stata promessa questa parte d’Italia come Kosakenland in Nord Italien.

Stretti fra i partigiani e i cavalieri del Don, gli abitanti di queste terre ebbero vita difficile. Fra loro operava e viveva da tempo un empolese, l’ingegnere minerario Rinaldo Cioni. Nato a Empoli il 29 maggio 1911, l’ingegnere si era laureato al Politecnico di Torino nel 1934 e, dopo il servizio di leva e la guerra di Etiopia, dove aveva meritato la Croce di Guerra, al rientro si sposava e venne incaricato alle miniere di Pola.
Rimpatriato a Città di Castello venne, nel giugno 1940, mandato a dirigere miniere in Albania, Montenegro e Grecia fino alla fine del 1942. Fu poi inviato, come direttore tecnico, alle miniere di Cludinico, presso Ovaro.
Forse, i suoi dirigenti, avranno pensato di allontanarlo dalla guerra e di sfruttare, in un settore importante per la produzione bellica, la valenza professionale che aveva dimostrato. In questa località la sua famiglia crebbe con la nascita del secondo figlio.

Ma, nell’estate 1944, la Carnia non era più un’oasi di pace.
L’ingegner Cioni, da quel periodo, iniziava una attività febbrile di assistenza sia alla miniera che ai suoi sottoposti. Innumerevoli sono le lettere scritte a enti e autorità dell’epoca per ragguagliarle su difficoltà incontrate nella gestione, per esempio, dei rifornimenti o per aiutare la popolazione, in quanto i tedeschi avevano tolto i viveri dichiarando la zona “infestata da bande”.
Non sempre i camion inviati a prelevare i generi alimentari riuscivano a passare i blocchi. Attesta questo impegno una fitta corrispondenza in possesso della moglie, e dei figli ing. Emilio e ing. Paolo.

Le sue maestranze non rimasero inerti di fronte a questa sua dedizione.
Dopo la sua morte, una bellissima lettera accompagnata da ben 182 firme, venne mandata alla famiglia per affermare il sincero dolore di tutti per una così grave perdita.
La difesa del posto di lavoro per tanti motivo di sopravvivenza, era sempre nei pensieri di Cioni come la paura, umana e comprensibile, per la sua famiglia rinchiusa in quel territorio che era diventato zona di guerra.
L’inverno 1944-45 fu particolarmente duro e l’ingegner Cioni dovette moltiplicare le sue risorse mentali e materiali per risolvere specifici problemi.

Ma giunse la primavera e l’ultima offensiva sulla linea Gotica scardinò le difese tedesche.
A fine aprile 1945, nella reggia di Caserta, i tedeschi firmarono la resa.
Per i cosacchi in Carnia fu la fine. Consapevoli che la Unione Sovietica li avrebbe richiesti come traditori, tentarono una ritirata in Carinzia. ll 2 maggio 1945, a Ovaro, reparti partigiani delle brigate Osoppo e Garibaldi fors’anche senza l’appoggio totale del C.L.N., attesero i fuggiaschi cosacchi per attaccarli ed annientarli. Frattanto due ufficiali georgiani, ex appartenenti alle truppe di Krassnoff unitisi ai partigiani, fecero saltare a Chialina, una caserma in cui c’erano mogli e figli dei cosacchi uccidendo tutti.

A Ovaro pero la resistenza continuò agli ordini del maggiore Nauziko, ex ufficiale dello zar. La lotta era feroce e molti cosacchi erano caduti. Ad un tratto i partigiani, minacciati di aggiramento per l’arrivo di rinforzi al nemico, si sganciarono e i cosacchi uscirono dalle postazioni. Alla vista dei loro morti si scatenarono. Vennero fucilati ben ventisei valligiani tra cui il parroco don Cortiula e l’ingegner Cioni.
In precedenza presso la casa dove l’ingegnere viveva con la famiglia, era stato ucciso con un colpo di fucile, il suocero Attilio Rossi. Il paese venne incendiato. La ritirata cosacca continuava ormai inarrestabile e senza speranza.

Nel giugno 1945, con un discutibilissimo ordine di Alexander, 20.000 cosacchi vennero rimpatriati e per ordine di Stalin sparirono. I generali vennero impiccati. Seicento fra donne e bambini, a questa notizia, preferirono la morte nei gorghi della Drava.
Con la sua morte, l’ingegner Cioni, concludeva una vita di impegno cristiano, morale e politico come attesta una dichiarazione del C.L.N. di Tolmezzo che lo aveva nominato, fin dal maggio 1944, membro del Comitato di Liberazione della val di Gorto per il partito d’Azione.
La sua opera si concretizzava in aiuti in viveri e vestiario per tutta la popolazione.
In questo documento viene, giustamente, evidenziato l’impegno dell’ingegner Cioni anche per i semplici valligiani in un contesto di guerra veramente tragico.
Sarebbe opportuno che Empoli e gli empolesi conoscessero e ricordassero l’opera di questo cittadino che tutto dette per il bene comune.

Già pubblicato sul Segno di Empoli A. 7, n. 25 (apr. 1994), p. 21-22;
Per gentile concessione dell’autore e col consenso di E. Cioni.

Stato Servizio militare Rinaldo Cioni
Stato di Servizio di Rinaldo Cioni

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