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Silvano Salvadori: Storiella…

La contessa P… (evito il nome, ma di una nostra fattoria di prima della guerra) come al solito la domenica era nel matroneo della sua chiesa in villa ad assistere alla messa.

La personale soddisfazione di rendere un adeguato omaggio al Signore era moltiplicata dal fatto che tutti i suoi coloni dovevano parimenti venire in chiesa per la funzione.
Tutti!

Le due madri – Giovanni Segantini – immagine di pubblico dominio

Ma quella mattina ne mancavano proprio due. Quando ella scorse le panche con gli occhi, una certa stizza la prese a vedere come l’opportunità di far coltivare a quell’anime il paradiso fosse stata elusa, cosicché, dopo aver dato i confetti ai marmocchi della prima comunione, appena che fu rientrata nei suoi appartamenti fece venire il fattore con l’incarico di mandarle a rapporto i due renitenti alla leva religiosa.
Si presentarono costoro in giacca di fustagno con il cappello in mano, impolverati negli stivali e impacciati nell’anima, introdotti nella sala d’aspetto a piano terra dalla fattoressa che li sbirciò con un’occhiata altera, mentre si strofinava le mani al grembiule quasi volesse dire. “Di questi due me ne voglio proprio lavar le mani, che sanno di zolfo bolscevico!”.
La fattoressa fu chiamata da un suono del campanello, si avviò premurosa e quando riapparve disse all’Ottavio che si poteva presentare alla signora.
“Dunque ditemi perché non eravate alla messa stamani!”
“ Vedete, contessa, ho la moglie sovrapparto e sono un po’ preoccupato chè s’è tutta la notte rigirata e  siccome l’altra volta, sapete, si concluse con una tragedia…” disse Ottavio stringendo il cappello fra le mani con la testa bassa, quasi avesse voluto farsi decollato, come il San Donato di Villanova che se la tiene in mano come massimo segno di reverenza a Dio.
“Per queste cose ci son le donne di casa; non hanno certo bisogno di voi che siete d’impiccio e di parti non ne capite niente. Avreste fatto meglio a venire a fare una preghiera alla Vergine Maria!
Andate! E la prossima volta stateci attento a non mancare.”
Il povero Ottavio uscì costernato e non ebbe neppure il coraggio di guardare negli occhi la fattoressa; in quanto al Ferruccio gli gettò un’occhiata di commiserazione come per dirgli: ”Ora tocca anche a te”.

Entrò dunque il Ferruccio e la contessa, scorgendo in lui più sicurezza, si apprestò a contrastare col tono della sua voce quella che supponeva una mal celata alterigia.
“E voi perché non eravate alla messa?”
“Signora contessa, sapete, avevo la vacca sopraparto nella stalla ed è così di razza e ben formata che volevo non accadesse nulla al redo:”
“Giudizioso e brav’uomo! – così si stemperò la risposta della nobildonna – Avete fatto bene; ci vuol amore per i propri beni. Andate pure e quando sarà il momento, se vien su bene, lo porteremo alla fiera per il concorso”.
Quando Ferruccio tornò nella sala dov’era ad origliar la fattoressa, l’attraversò con dei gran passi calcando i tacchi sul pavimento e rivolgendo alla donna un ampio saluto col cappello: “Buon appetito a voi e vostro marito!”
Animali e persone nel mondo agricolo sono stati sempre considerati mezzi di produzione, ma il più delle volte solo i primi hanno avuto quelle attenzioni e cure umane che nel mondo borghese sono rivolte ai secondi.

7-8-06

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