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Il ghiaccio all’inizio del secolo scorso aveva un nome: Vignale

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  1. Negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, abitando allora in Piazza della Vittoria all’angolo con Via Del Giglio (Via Costanzo Ciano nell'”èra” fascista), mi era facile attraversare la piazza e trovarmi così in Via Roma.
    Tantissime volte, per la mia curiosità di allora, che del resto perdura tuttora, ficcavo il naso in quello per me strano locale in cui veniva “fatto” il ghiaccio. Veniva commercializzato nelle lunghe stanghe, assai pesanti, per cui, per chi volesse portarsi via il ghiaccio come acquisto “al minuto”, gli addetti provvedevano a spezzarle all’occorrenza con tanto di martello e di punteruolo.
    La nostra famigliola, certo come le altre, aveva la sua brava ghiacciaia (il frigorifero, detto poi più confidenzialmente “frigo”) comparirà invece assai più tardi (mi pare che a Empoli si dovesse arrivare verso il finire degli anni ‘50).
    Con la ghiacciaia, finalmente non si doveva più tenere il burro nell’acqua ed esporlo “al sereno” nottetempo, sulla finestra per tenerlo in fresco; e, come il burro, anche altri alimenti fra quelli non riponibili nella moscaiola, e naturalmente anche altri, fra quelli più deperibili.
    Con il ghiaccio di Vignale, certo contemporaneamente a tanti altri e ovviamente non soltanto a Empoli, nacque l’idea anche di grattarlo con certi appositi strumenti che funzionavano a mo’ di grattugia, o meglio, di pialletto: si otteneva un ghiaccio assai frantumato, adatto così a confezionare anche ottime granite.
    Se la fase di cui Vignale è stato un importante e-sponente fosse stata saltata del tutto, chissà se sarebbe stata fatta l’invenzione della granita così come la conosciamo noi. Oddìo, un certo genere di granite forse lo avranno ideato già nel Cinquecento, quando le Casate, nobiliari e non, facevano portare la neve dall’Appennino per riporla e poi servirsene al momento, forse, ecco il punto, mescolandola a rosolio o ad altre essenze di moda allora, chissà. Non sono in grado di accertare una cosa del genere, ma la riterrei intuitivamente logica e quindi possibile.
    Tornando pur brevemente a noi, Vignale è stato – ed è ancora grazie a voi di Della Storia d’Empoli – un nome notissimo a tutto il circondario empolese (in questo caso con la “c” minuscola), limitato quindi alle zone di Empoli e limitrofe, in cui il ghiaccio poteva “reggere” e non “struggersi” (termini allora in uso nelle rispettive accezioni), specie sotto i raggi del sole estivo, nei cui mesi ne veniva fatto ovviamente maggior uso.
    Nota personale. Un mio caro amico, di cui di cognome faceva Vezzosi (insieme all’altro nostro comune amico che si chiamava Menchini), emigrò con lui tanti anni orsono. In Argentina, se non mi sbaglio. Non ne ho saputo più nulla, ma considerando che il cognome Vezzosi è anche quello di Vignale, è anche probabile che il Vezzosi mio amico sia un suo congiunto. Con questo suo familiare ho trascorso ore piacevoli, parlando di ogni genere di cose, com’era in uso quando io ero giovanetto, toccando ogni argomento culturale, cui ad ognuno di noi potesse maggiormente interessare in quel momento; pronti ad abbracciare nuove idee e, come nel caso di questo Vezzosi mio amico, che per questa fortunata occasione amorevolmente ricordo, branche finora inesplorate dello scibile e, come nel caso del Vezzosi e del Menchini, anche il nuovo continente americano, in questo caso, l’Argentina.
    Un lungo percorso della fantasia, forse analogo a quello di chi ha avuto l’idea di riandare a tuffarsi nella frigida bottega di Vignale per portare un po’ d’aria fresca su questa amata Empoli che, pur sotto la invano deprimente calura estiva, è ben sveglia e per nulla assonnacchiata, nonostante l’avversa stagione.

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