Skip to content

Ancora San Miniato? Ma non finirà più questa storia?

E’ uscito un nuovo libro sulla strage del Padule di Fucecchio. Per anni nessuno ci ha lavorato e ora c’è un fiorire di iniziative. Il mondo va così.

padule di fucecchio

 


Claudio Biscarini

 

 

di CLAUDIO BISCARINI       segui  su   Facebook 

 


Non voglio fare una recensione di questo lavoro scritto, se non ricordo male,  da un magistrato. Ancora non l’ho letto e sarà certamente un buon libro anche se già mi pare di aver capito che i nostri intenti, quando ci siamo cimentati sullo stesso argomento, probabilmente erano diversi ma, credo, ugualmente interessanti. Ci sono, però, due cose che mi hanno già colpito e non necessariamente in senso positivo. La prima è personale e mi perdonerete. L’autore riporta diversi stralci della mia deposizione a un’udienza del processo che si tenne a Roma anni or sono contro quattro personaggi imputati di aver partecipato alla strage. Essendo stato citato dal dr. Marco De Paolis come esperto di storia militare, mi venne chiesto dal giudice la natura di un reparto esplorante corazzato, la famosa Panzer-Aufklärungs-Abteilung comandata dal Rittmeister Strauch, ed io ritenni di rispondere ad una domanda tecnica in modo tecnico. Sinceramente  non ho capito perché l’autore del volume ha inteso ribadire, in una nota, quel che dissi allora e cioè che ero figlio di un militare e che ero nato in una caserma, quasi che essendo, appunto, figlio di cotanto padre non potessi che avere una visione “militarista”.

Fermo restando che l’essere nato in una caserma è un eufemismo, di essere figlio di un militare mi son sempre vantato, anche perché mio padre apparteneva all’Arma dei Carabinieri a cui son rimasto molto legato. Ciò, però, non mi ostacola minimamente nell’esprimere i miei pareri e le mie opinioni. Certo, in sede processuale, a domanda diretta, e anche nel mio testo sulla strage del Padule, non ho ritenuto che fosse importante fare una dotta disquisizione lessicale e filosofica, come ha fatto l’autore del nuovo libro, sul termine Aufklärungs. Mi era stata posta una domanda tecnica, e non di fare una conferenza sul termine, ed  io, figlio di militare o no, questo feci. Nella mia esposizione al giudice e, ripeto, nel mio libro, affermare che un reparto esplorante corazzato è un’unità divisionale tra le più agguerrite e ben armate per i compiti che viene a svolgere ( esplorazione di un terreno in avanscoperta, ultima unità a ripiegare e controguerriglia) voleva solo rimarcare che nel Padule di Fucecchio non furono utilizzati dei fantaccini qualunque, ma soldati motivati e tra i più efficienti della 26. Panzer-Division, tra l’altro quasi ad organico pieno. Tutto qui.

C’è un altro passo del libro che mi induce ad alcune considerazioni. In una parte del testo, l’autore ritorna sulla massacro del Duomo di San Miniato e sul vescovo Giubbi. Dopo aver detto che ancora in Valdinievole, cioè a San Miniato (?), su un vescovo di nome Ugo Giubbi si erano addensati sospetti di complicità con i tedeschi, evidentemente nella strage, anche se mai provati, ma causati dai rapporti definiti  di qualche tepore tra Giubbi stesso, di simpatie fasciste, e gli occupanti,  il magistrato afferma che tutte le tesi che coinvolgono, egli adopera il verbo incolpare che nessuno di noi ha mai usato,  gli americani provengono da coloro i quali difendono quel vescovo  galleggiando  con diffidenza e anche sospetto rispetto ai partigiani con inesorabile simmetria.

L’autore continua,poi, rimarcando il fatto che Giubbi abbia fatto fare la comunione, abbia distribuito santini, e se ne sia poi andato e tornato solo alle cinque del pomeriggio, chiudendo questo intervento con queste parole: Tremendo, che un vescovo si allontani, lasciando immaginette dove dovrebbe esserci un uomo.

A mio parere un’entrata a gamba tesa. In buona sostanza, il povero Giubbi, per essere considerato completamente innocente, doveva, come si dice volgarmente, essere indovino ,  piazzarsi vicino alla colonna dove scoppiò il proietto e morire con le povere vittime, ‘chè se anche fosse stato in chiesa, ma si fosse salvato, forse non bastava!

Andando in nota, posso vedere che l’autore di queste considerazioni non ha citato il nostro libercolo La Prova, o non lo ha ritenuto degno di attenzione questo non lo so, ma solo Arno-Stellung e il volume di Paolo Paoletti. Se non lo conosce, purtroppo la causa è certamente da attribuirsi alla scarsa diffusione che ebbe quel lavoro che, faccio notare, non fu nemmeno dato in visione alla Commissione di studi voluta dal Comune anni or sono. Se invece c’è omissione la cosa è diversa. Per quanto io sappia, un magistrato si deve appoggiare nei suoi giudizi soprattutto sulle carte, sui documenti, e molto meno sulle impressioni.

Tanto a me che a Lastraioli, ci è sempre parso che aver pubblicato non il War Diary, come qualcuno erroneamente pensa, ma il rapporto giornaliero del 337th US Field Artillery Battalion in cui sono riportate le coordinate dei tiri di quel tragico 22 luglio 1944, e da cui si evince che una scarica non indifferente di granate da 105 mm cadde nella zona del Duomo nell’orario in cui si ebbe la strage, fosse una cosa che, se non chiudeva la faccenda, almeno la riportava su binari diversi. Devo dire che abbiamo fallito lo scopo se ancora si parla di noi come persone atte a stravolgere le cose per sostenere Giubbi o per dar contro ai partigiani.

Ribadiamo le cose un’altra volta tanto per essere chiari:

1) i partigiani seppero della strage un giorno dopo, anzi se parliamo di ore, poco tempo dopo che era successa e questo emerge dal documento sopra citato. Quindi nessun tentativo di galleggiamento o di sospetto e diffidenza nei loro confronti, carta canta.

2) I partigiani seppero anche chi aveva colpito la chiesa, visto che, andando a riferire agli americani, non citarono i tedeschi come autori. Pensate che bel regalo propagandistico sarebbe stato poter dire che i crucchi avevano massacrato nella chiesa 56 persone! Ci si sarebbero fatti d’oro! Non lo dissero, e questo, aggiunto al fatto che poi avvertirono gli statunitensi della presenza dell’ospedale, qualche pulce nell’orecchio, a chiunque, dovrebbe metterla, o no?

3) Le coordinate di tiro ( ancora questo essere figlio di un militare che viene fuori, mannaggia) e gli orari ci portano dritti dritti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Genesio. Sono dati che servivano alle batterie per non sparare sui propri uomini e quindi insindacabili. Gli obici avevano aperto il fuoco nella zona  sopra citata su richiesta di un osservatore avanzato della fanteria, quel White che ha fatto tanto parlare di sé, visto che erano state avvistate alcune mitragliatrici nemiche poco al di sotto.

4) Tutto questo non c’entra niente con l’operato di Mons. Giubbi che, d’altra parte, non mi pare condannabile, a meno che non si voglia fare il processo alle intenzioni, rispetto ai rapporti che poteva avere con i tedeschi. Fascista? Certo, sicuramente non era stato estraneo all’appoggio al regime, come la quasi totalità del Clero compreso il Papa. Vogliamo citare le benedizioni ai gagliardetti che sono state fatte in 20 anni di fascismo?  Nel volume citato viene fatto il paragone tra i sacerdoti, moltissimi, che caddero assieme al loro popolo a Sant’Anna di Stazzema, a Monte Sole e in tanti altri centri attraversati dalla furia omicida di alcuni reparti tedeschi, e Giubbi che se ne va poco prima della strage. Non si dice, però, che in tutti gli altri terribili episodi, i sacerdoti si erano trovati davanti palesemente davanti al fatto  di un ufficiale tedesco il quale aveva dichiarato che avrebbe fucilato tutti quelli che erano stati presi come ostaggi. A San Miniato non ci fu nessun graduato tedesco che andasse da Giubbi a dirgli che avrebbe massacrato, per ritorsione (?), gente innocente. Supposizioni, sensazioni, ma niente di certo come invece la MG 42 (dai con questo gergo militare!) spianata davanti ai poveretti nel cimitero di San Martino sul Monte Sole.

5) Vogliamo rivangare le risultanze della Commissione Giannattasio? Meglio di no. Solo l’aver scelto un ufficiale di fanteria come esperto, da parte statunitense, la dice lunga. E poi, chi ha mai detto che si trattò di colpa americana? Certamente non io né Lastraioli, abbiamo sempre parlato di tragica fatalità e chi si occupa di storia militare conosce quante di queste accadano, purtroppo, in guerra. Volete saperne una? Ve la racconto subito e riguarda quei partigiani di cui il sottoscritto, Lastraioli ed altri, saremmo sospettosi. In provincia di Grosseto, una pattuglia partigiana catturò quattro tedeschi e li stava portando al proprio campo. Uno dei combattenti alla macchia, giovane e ignaro dei pericoli, si mise un elmetto tedesco in testa. Appena arrivati vicino al campo, gli altri partigiani, viste le uniformi dei prigionieri e l’elmetto, credendo di essere attaccati, aprirono il fuoco e uccisero il loro compagno. Assassinio o tragica fatalità di guerra?

Concludiamo questo (troppo lungo) intervento. Ben vengano altri studi seri sull’argomento stragi, e non dubitiamo che il nuovo libro lo sia, ma  vorrei pregare di fare attenzione coi giudizi sottintesi o palesi. A volte si rischia di scadere nel tritello.

Claudio Biscarini

Questo articolo ha 0 commenti

Lascia un commento

Torna su