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Giuliano Lastraioli: Gli empolesi nella Guerra Civile Spagnola

Il “venerdì in archivio” dell’aprile scorso fu una vera frana. Pubblico di quindici persone e relatore che, dovendo parlare dei Maori a Empoli nell’agosto del ‘44, fece sentire “Bella ciao” in lingua aborigena e confessò che non aveva potuto leggere “Kiwis a Empoli”, pur conoscendone l’esistenza, perché non era riuscito a rintracciarlo.

Gliene feci omaggio di una copia e un’altra copia, delle pochissime rimaste disponibili, la consegnai alla responsabile dell’Archivio Storico per l’erudizione dei forestieri qui piovuti a miracol mostrare.

Chapel in the Spanish Civil War Cemetery, Paracuellos de Jarama, Madrid

Photocredit 

Il prossimo venerdì sarà dedicato alla presentazione di un libro, uscito già da un anno, sui volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola. Ancora relatori forestieri di estrazione istituzionale e accademica e dal colore politico ben definito. Il titolo dell’iniziativa è dedicato specificamente agli antifascisti empolesi, ma il volume (curato da Ilaria Cansella e da Francesco Cecchetti per le edizioni Effigi di Arcidosso) spazia su tutto il contesto regionale ed è corredato di un CD contenente le schede biografiche dei 408 volontari antifranchisti toscani.

Dal punto di vista metodologico ed euristico si tratta di un lavoro rilevante soprattutto per la dovizia di informazioni, anche minuziose, sul singoli personaggi e per i dati statistico-antropologici somministrati, l’impianto è quello tipico delle tesi di laurea; lo stile pesante e i toni diffusamente apologetici non facilitano un’agevole lettura. E’ comunque una ricerca importante, alla quale han posto mano molti collaboratori coordinati dall’Istituto storico grossetano della Resistenza.

A noi interessano gli empolesi, di cui ampiamente si parla, ma su questo versante non si ricavano novità rispetto a quanto già sapevamo da Libertario Guerrini e da Rineo Cirri.

Da Empoli parteciparono alla guerra di Spagna otto volontari antifascisti:

1°) Aureliano Santini (alias capitano Silvio Morelli);
2°) Giuseppe Chiarugi (alias tenente Berge);
3°) Vasco Matteoli (alias Cervo);
4°) Pietro Lari (alias Gigi Broda);
5°) Catone Cinelli (nipote ex fratre del podestà fascista Vitruvio);
6°) Aldo Giacomelli;
7°) Ricciotti Sani;
8°) Oreste Ristori.

I primi sette tutti comunisti di provata fede, alcuni dei quali reduci dalla scuola di partito a Mosca, l’ultimo, il Ristori, era un anziano anarchico, aduso a tutte le peripezie dell’emigrazione clandestina, che alla fine dei suoi giorni (venne fucilato dai repubblichini a Firenze il 2 dicembre 1943 per rappresaglia all’uccisione del colonnello Gobbi) si professò però commista. Degli altri si dirà che il Chiarugi fu anche speaker a una radio repubblicana spagnola e cadde in combattimento a Huesca sul fronte dell’Ebro nel 1937, all’età di trent’anni. Il Lari e il Matteoli, scampati avventurosamente dalla temperie iberica, rimasero poi uccisi nel luglio 1944 mentre militavano nella Resistenza (Lari venne fucilato a Fossoli e Matteoli presso Bologna).

Dei quattro sopravvissuti al turbine della seconda guerra mondiale la figura più interessante è costituita da Aureliano Santini, che fu presidente del Comitato di liberazione Nazionale di Empoli e concluse il suo brillante cursus honorum come segretario federale del PCI di Arezzo e presidente dell’amministrazione provinciale di quella città.

In Spagna aveva fatto una rapida carriera nella brigata internazionale Garibaldi, combattendo sul fronte di Guadalajara e rimanendo anche ferito a Saragoza verso la metà del 1937, per finire col grado di capitano in uno stato maggiore divisionale e infine a Radio Madrid. la sua osservanza ai dettami dei superiori fu sempre ritenuta perfetta e la sua scheda di partito è totalmente encomiastica, il che non si può dire per Ricciotti Sani, il quale – dopo un iniziale avvio di fulminante carriera – dovette poi subire severi rimbrotti di stanchezza, di sfiducia e di indisciplina. A differenza del Santini, divenne alla fine un semplice consigliere comunale a Empoli.

Ovviamente, nel libro qui recensito non si dice che recentemente il nome di Aureliano Santini è comparso nel vituperato “Dossier Mitrokin” proveniente dagli archivi sovietici, dove costui (proprio in virtù della sua comprovata adesione alla militanza comunista) viene preconizzato come potenziale organizzatore di una nuova Resistenza in Toscana nel caso di conflitto fra Patto Atlantico e Patto di Varsavia.

*

Fin qui la storia dei “rojos”.

Il silenzio assoluto e la “damnatio memoriae” gravano invece sugli empolesi che parteciparono alla guerra civile spagnola dalla parte di Franco.

Libertario Guerrini scrive chiaro e tondo: “… molti meno furono coloro che accettarono di andare a combattere nelle file fasciste nonostante gli alti compensi in danaro”.

Francamente ciò non risulta, a prescindere dalla obbligata dicerìa degli incentivi pecuniari.

Intanto Guerrini annovera fra i volontari antifranchisti empolesi il colligiano Orazio Marchi, il santacrocese Mainardi e il castellano Lelli (quest’ultimo caduto in combattimento). Non erano empolesi e quindi esulano da questa rassegna.

Da parte fascista ci fu sicuramente una mobilitazione del battaglione d’assalto di camicie nere della 93a legione Giglio Rosso della M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), comandata dal console Onori, con competenza territoriale nei mandamenti di Empoli e di Castelfiorentino, fino a Montespertoli e San Miniato.

Al momento non si è reperita una precisa documentazione sul numero degli empolesi intervenuti nella guerra di Spagna dalla parte nazionalista, a prescindere dai militari inquadrati, diciamo per necessità, nel C.T.V.  (Corpo Truppe Volontarie).

Di sicuro si conosce il nome di un caduto in combattimento: il caposquadra (sergente) Enrico Lombardi.

Per conoscenza personale e diretta posso qui ricordare il medico condotto Ezio Galeotti, per qualche tempo segretario politico del Fascio di Empoli, che fece parte di unità sanitaria al seguito di reparti combattenti e il sottotenente pilota della Regia Aeronautica Alfonso Nuti, nipote del mugnaio di Ponte a Elsa, che operò diversi passaggi in Spagna col suo caccia biplano Fiat CR 32, col quale talvolta faceva spericolate evoluzioni sul paese, prima di finire disperso nel ‘42 dopo una disgraziata missione nei cieli della Marmarica.

Un tipo più avventuriero che fascista fu Dario Caciagli, arruolatosi nella legione straniera spagnola, il “Tercio de extranjeros”. Lo conobbi all’inizio degli anni Sessanta, quando fui nominato suo difensore d’ufficio in un processetto penale per guida di autoveicolo senza patente. Era un ometto calvo di “un metro e sessanta, miope e apparentemente inoffensivo, col fisico adatto a equipaggiare e guidare uno di uno di quei ridicoli carri armati di piccola stazza familiarmente chiamati “scatola di sardine”. Di soprannome lo chiamavano tutti “el Tercio”,  con pronuncia italiana, ed in effetti al dibattimento si difese con questa semplice argomentazione: “Ho guidato un carro armato in Spagna per tremila chilometri’ e non pensavo che per mandare una Topolino qui a Empoli mi fosse necessaria la patente”. Ebbe le attenuanti generiche e si prese il minimo edittale. Per la cronaca: aveva già fruito della cosiddetta amnistia Togliatti per scansare una più grave imputazione di trascorsi nella repubblica di Salò.

Chi avrà tempo e voglia potrà approfondire la ricerca.

Per adesso mi fermo qui.

In letteratura ci sarebbe da menzionare il romanzo, oggi giustamente dimenticato, di Guido Milanesi edito da Mondadori col titolo  “II ritorno”, ma non è una cosa seria. Il protagonista sarebbe un Branchini di Empoli che si getta nella fornace spagnola dalla parte fascista per riscattare le gravi colpe di alcuni parenti implicati nell’eccidio del 1° marzo 1921 e muore eroicamente in azione, anelando il ritorno in patria. Ma il Branchini è una invenzione letteraria, anche se quel cognome è assonante con quei Bertini che gettarono in Arno il marinaio Vallelunga. Ma questa è un’altra storia.

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