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Casa-torre in Via Spartaco Lavagnini

Si erge in Via Spartaco Lavagnini, già Via de’ Martiri (deceduti nei Fatti di Empoli 1921) e già tratto finale di Via del Giglio. Questo edificio, stretto di ampiezza ma molto alto, è uno dei rari esempi di casa torre presenti in centro storico. Nel testo “Empoli – una città e il suo territorio” viene descritta nella didascalia della sua foto come ” Torre degli Alessandri”; bisogna  sfatare questo mito, ma non lo era affatto. Dalla Decima granducale 1776 si capisce ampiamente, come peraltro indicato anche da altre bibliografie come il Lazzeri e Chiariugi, che la Torre degli Alessandri altro non era che l’antica porta della penultima cerchia muraria medioevale, presente di lì a pochi passi.

Oggi non è in quello che si potrebbe proprio definire in buono stato, lo stemma è completamente degradato e sto cercando elementi per poterne individuare l’originaria rappresentazione ma con più ampia riserva mi azzardo a dire che la più probabile attribuzione possa essere fatta alla famiglia Pini; senza  contare anche le tracce in facciata di un incendio consumatosi pochi anni fa nell’alloggio al piano primo (finestra a sinistra).
Al piano terra c’è la vetrina di un locale, una volta noto agli empolesi come il Caffè degli Uberti; tra il piano terra e piano primo vi è un marcapiano in pietra serena con motivi circolari cadenzati, sulla sinistra c’è un tabernacolo protetto con vetrinetta.

Onnipresente la ragnatela di cavi telefonici ed elettrici, come anche la presenza dei vari sportelli per contatori di utenze; non è però sfuggito un elemento degno di conservazione e testimoniale del passato, ovvero il progenitore del citofono: il lettore dovrebbe guardare lo stipite destro della porta al piano terra, e aguzzando la vista accanto al citofono “moderno”, vedrà una barra metallica traforata con alcuni pomelli residui, e si tratta di un vecchio sistema di citofono a corde che faceva suonare le campanine dentro i rispettivi alloggi.

Salendo in alto con lo sguardo, non sfugge all’ultimo piano la presenza di un faretto di illuminazione pubblica, mentre all’ultimo piano si scorge la tipica gronda alla fiorentina, mentre in alto a destra, la doccia in pvc (calata per le acque meteoriche) si unisce con un un doppio salto carpiato con altre due tubazioni del palazzo adiacente.

Questo post ha un commento

  1. Salve

    c’è un articolo di Giulia Grazi Bracci, che voi conoscete bene,
    intitolato “Gattaia e i cav. di Malta”, che forse potrebbe essere di aiuto a capire l’origine dello stemma in questione.
    In fondo all’articolo c’è il disegno storico di un edificio che sembra proprio quello di via dei Martiri o S. Lavagnini o del Giglio con due piani in meno. Era una commenda dei Cav. di Malta e forse quello è il loro stemma. Non era una casa-torre?

    Colgo l’occasione per chiedere perchè quei Martiri del 1921 devono essere dimenticati, anche nella toponomastica, quando una lapide non si nega a nessuno.

    Crodiali saluti e buon lavoro.
    Nilo Tozzi

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