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La Crocifissione, tavola di Niccolò di Tommaso

La scheda dell’opera


Niccolò di Tommaso (attivo 1343 – 1376)

Crocifissione

Elemento di altarolo portatile in cornice di legno dotrato

Tempera su tavola 54×25

Provenienza: convento delle Benedettine di Santa Croce, Empoli

Collocazione: Museo della Collegiata di Empoli

Note: rubata nel 1985 dal Museo, e riconsegnata nel 11 marzo 2016

empoli carabinieri tavola recuperata


L’opera era parte del patrimonio del Convento delle benedettine che si trovava, in origine, fuori Porta Pisana; poi, dopo le distruzioni provocate dall’assedio del 1530, si trasferì nell’ex ospedale dei Pellegrini in via dei Neri.

Gran parte del patrimonio del Convento, come questa tavola, è passato in donazione alla Pinacoteca nella seconda metà del XIX secolo.

Si tratta di una piccola e affollata Crocifissione, cuspidata (forse parte centrale di un trittico da camera) con i Dolenti, le Pie Donno e Longino (ultimo sulla dx).

L’iconografia è quella tradizionale con la Maddalena aggrappata ai piedi della Croce e gli altri dolenti colti con espressioni fortemente tipizzate di dolore.

Sopra la croce dentro il nido, la figura del pellicano che si lacera il petto con il becco per nutrire col proprio sangue i piccoli, è allusiva del sacrificio di Cristo sulla croce.

Tutta la tavoletta, nata per essere osservata da vicino, vista la funzione devozionale privata, è di rara ricchezza cromatica ed è arricchita dal eleganti punzonatore che segnano i nimbi delle aureole oltre che il perimetro interno della cornice. Interessante che Longino, la cui santificazione avvenne nel 1340 sia l’unico personaggio a non avere l’aureola; attorno alla sua testa si nota una incisone quasi a tracciare un nimbo, che potrebbe essere stata fatta successivamente alla data di esecuzione dell’opera.

Tutta la tavola si connota per l’uso di colori preziosi e estremamente brillanti. 

Niccolò di Tommaso

Pittore fiorentino attivo in Toscana e in Campania durante il terzo quarto del 14° secolo.
Le prime notizie risalgono a dopo il 1346, quando il suo nome compare a Firenze fra quelli degli iscritti all’Arte dei medici e speziali.

Nel 1365 risulta fra i testimoni presenti al testamento di un altro artista locale, Nardo di Cione (Milanesi, 1893, p. 58), di cui si può presumere fosse stato collaboratore al tempo della decorazione della cappella Strozzi (1355-1357 ca.) in S. Maria Novella. Nel 1366-1367, ancora a Firenze, Niccolò compare fra gli artisti interpellati riguardo alla costruzione del duomo; nel 1371, invece, il trittico firmato e datato con S. Antonio Abate in trono fra angeli e i ss. Francesco e Pietro, Giovanni Evangelista e Ludovico di Tolosa, già nella chiesa napoletana di S. Antonio Abate a Foria (Napoli, Mus. Naz. di S. Martino), lo documenta attivo per la corte meridionale degli Angiò.

Non senza ragione si è ipotizzata una possibile identità fra Niccolò e il pittore Niccolaio ricordato fra gli artisti attivi in S. Miniato al Monte nel Trecentonovelle di Franco Sacchetti (novella CXXXVI), un testo letterario tra l’altro prossimo al suo vivace e realistico modo di raccontare e di rappresentare.

La formazione dell’artista. dovette svolgersi a metà secolo sull’asse della lezione plastica di Maso di Banco e dei fratelli Andrea, Jacopo e Nardo di Cione, ma non senza contatti con la vivacità e la facondia narrativa di Giovanni da Milano o anche di pittori bolognesi.. Tipici della sua produzione sono piccoli altaroli per la devozione privata che, divisioggi fra i musei e le raccolte private di tutto il mondo (Ajaccio, Baltimora, Besançon, Cambridge, Filadelfia, Firenze, Lione, New Haven, New York, Praga, Prato, Roma, Torino, Venezia), riflettono l’aspetto più tipico e conosciuto, ripetitivo e orcagnesco, della sua attività in patria.

Fonte: comunicato

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