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Una proposta di Vittorio Fabiani…

Il Passignano: La Natività, Empoli Santo Stefano degli Agostiniani, Cappella Salvagnoli

 

PER LA CAPPELLA VOTIVA

agli Empolesi caduti in guerra

(a colloquio con Vittorio Fabiani)

 

Da: Pax et Bonum, numero straordinario del periodico “Il Piccolo Corriere del Valdarno e della Valdelsa” edito in occasione dei solenni festeggiamenti indetti per il VII centenario del Transito di S. Francesco d’Assisi. Empoli 4 Ottobre 1926. Prezzo Lire 1

Ho sempre pensato quanto sarebbe gradito al nostro popolo che, come si è fatto in altre città, qui pure in uno dei nostri templi, si dedicasse ai Caduti per la Patria una cappella votiva: alla quale, per cerimonie, ricorrenze anniversarie e preci espiatorie, fosse agevole e comodo l’accedere, dato che in ragione d’età, di acciacchi, di occupazioni o d’altro che sia, non a tutti, e sempre, è concesso portarsi ai Cimiteri, distanti assai dall’abitato. Ho anche sempre pensato che la spesa ad hoc, cui andrebbe incontro il Comune, sarebbe in parte compensata dal fatto che il Comune stesso, nel suo Cimitero dei Cappuccini, verrebbe a riaver liberi tutti quei loculi (e sono molti) donde sarebbero tolte le salme dei Caduti. Risaputo pertanto che la erezione della Cappella votiva aveva formato argomento dei ragionari di alcuni concittadini studiosi delle nostre memorie e in grado di dar suggerimenti al proposito, mi son rivolto al ch.mo cav. prof. dott. Vittorio Fabiani, Preside della R. Scuola Complementare « Leonardo da Vinci » e, abbordatolo nel suo ufficio, dopo le scuse di rito, sono entrato senz’altro in medias res.
— Sicuro — mi ha detto il Fabiani — : abbiamo parlato della cosa, e non una volta soltanto, con l’assessore alla P. I. cav. uff. Fabio Pandolfi, con l’amico prof. Emilio Mancini, con altri egregi concittadini ed amici, i quali hanno completamente approvato le mie proposte al riguardo….
E sarebbero?
Ecco : secondo me, la cappella destinata ad accogliere le salme dei nostri soldati e anche quelle dei marinai e dei carabinieri selvaggiamente trucidati nel I° marzo del 1921, dovrebb’essere quella, in cornu evangelii, di fianco all’ara maggiore nella chiesa di S. Stefano degli Agostiniani, chiesa di proprietà del Comune, e presso la quale ha sede la Misericordia, che vi celebra i funebri offici in suffragio degli ascritti alla Ven. Arciconfraternita e che si assumerebbe senz’altro — ritengo — la custodia delle tombe, curando a che, davanti all’altare, per la pietà dei fedeli, ardesse in perpetuo una lampada.

E che progetto ha in mente per il riattamento della cappella ?
La cappella, che ha in mezzo il sepolcro gentilizio della famiglia Salvagnoli e porta l’arme dei Giampieri e dei Salvagnoli medesimi, è abbastanza ampia da poter accogliere tutte le piccole casse pervenute dal fronte con i resti mortali dei nostri gloriosi soldati, sia che si pensi a collocarle in loculi lungo le pareti, come — se non erro — a San Miniato nella Chiesa di S. Caterina, o ad inumarle sub pavimento. Occorre all’uopo la perizia e l’abilità di tecnico, nè manca chi può dare opportuni consigli. Quanto alla decorazione: sobrietà ed austerità. Si tratta di trar profitto dagli ornamenti in pietra che già abbelliscono la cappella e, confermando ad essi lo stile delle ornamentazioni che è necessario di aggiungere, formare un tutto armonico, euritmico. Da rimoversi senz’altro — secondo me — la tavola del Passignano, che rappresenta « la Nascita di Nostro Signore », danneggiata, un’ottantina d’anni fa, dal fulmine e che potrebbe trovar posto in Pinacoteca o in altra parte della stessa chiesa di S. Stefano.
Va poi sostituita con altra tavola o tela? E che vi dovrebbe esser dipinto?
Tre figure di Santi. Nel mezzo S. Stefano, a cui è dedicata la chiesa: S. Stefano, il Protomartire della Fede Cristiana, benedicente ai generosi che morirono per la Patria e per la civiltà, combattendo contro i nemici di fuori e di dentro. A destra del Protomartire, S. Agostino, il Patriarca dei pii Eremitani che per più secoli officiarono il tempio, il Vescovo africano che ebbe il culto della Città Eterna, di Roma, e che, non sgomento di fronte alla furia dei Barbari, esaltando il popolo romano, di cui si poteva sgretolar la casa ma non intaccare la tempra, scriveva le parole del Sermone 81° : « Roma non perit, si Romani non pereant »: parole che — a mio modo di vedere — si dovrebbero leggere nelle pagine del libro aperto tra le mani del Santo, e che qui nella cappella dei Caduti, sarebbero — Lei capisce — pregne di significato. A sinistra S. Francesco, di cui l’ Italia celebra quest’anno, in mirabile concordia di animi, il VII Centenario della morte, lo Stigmatizzato della Verna, con tra le mani, anch’egli, un libro, su cui si legga il santo augurio della pace con Dio nella fratellanza dei cuori : « Pax et bonum ». Si noti, per di più, che i figlioli del Serafico Padre, i Cappuccini, sono attualmente gli officiatori del tempio.

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