Se devo proprio esser sincero, in fondo non era la prima volta che mi capitava…
Claudio Biscarini: Quando la storia non assolve al suo compito
Purtroppo, scrivere di storia comporta di dover conoscere bene i fatti e, soprattutto, non tralasciare la ricerca mentre si deve abbandonare la propaganda. Anche oggi, infatti, ci troviamo a leggere dei testi anche autorevoli dove il pensiero dell’autore è più forte di quel che, in realtà, accadde. Figuriamoci nel passato. Vogliamo citare un solo esempio. Nel 1947, negli Stati Uniti uscì un’opera corposa in otto volumi dal titolo Fifth Army History. Una enciclopedia sul valore del soldato americano in Italia durante la seconda guerra mondiale e, di riflesso, del suo comandante tenente generale Mark Wayne Clark. Opera interessante, anche se discutibile su diversi punti.
Il volume settimo e parte dell’ottavo sono stati, di recente, tradotti e ristampati in Italia[1]. Ed è leggendone alcune parti che risalta ciò che abbiamo voluto dire nel titolo. A pagina 40 dell’edizione italiana si legge: Il XIII Corpo, dopo aver raggiunto l’Arno il 4 agosto, impiegò i giorni immediatamente successivi a eliminare le ultime sacche di resistenza a sud del fiume, nell’area a sud-ovest di Pontassieve e nella zona di Empoli e Montelupo a ovest di Firenze. Tale compito fu terminato entro l’11 agosto. Ora, se possiamo comprendere come nel 1947 ci sia stata anche una mancanza di informazione su questo specifico caso, nel 2011 a chi ha curato l’edizione italiana non possiamo che fare l’appunto di non aver tenuto in nessun conto degli studi usciti in ambito locale su questo argomento. Se i curatori dell’opera, infatti, non si fossero fermati solamente a ristampare un opera chiaramente carente in alcuni punti, ma ne avessero offerto una ristampa critica, forse, cercando e leggendo il nostro Arno-Stellung avrebbero saputo che l’11 agosto 1944, quando nel 1947 si dava per chiarita la situazione a sud dell’Arno, questa situazione chiara non lo era per nulla. Avrebbero saputo che ai Kiwis della 2a Divisione neozelandese sarebbero occorsi altri tre giorni di combattimento aspro per ripulire del tutto la sacca tedesca A SUD dell’Arno, che si era creata tra Fibbiana e Santa Maria. Avrebbero anche saputo come, fino al 31 agosto 1944, le pattuglie tedesche che ripassavano il fiume avrebbero reso molto aleatoria la conquista da parte alleata di quest’ultima testa di ponte germanica. Ma andiamo oltre. A pagina 41, l’autore rilevava che a Firenze, sebbene i partigiani non fossero riusciti a evitare che i tedeschi distruggessero i ponti, successivamente essi riuscirono ad acquisire il controllo della maggior parte dell’area lungo l’Arno e in questo modo facilitarono l’attraversamento delle truppe britanniche. Il 13 agosto, due battaglioni del’8a Divisione indiana attraversarono il Ponte Vecchio e occuparono circa un terzo della città. Supportati da questo corpo di truppe regolari i partigiani continuarono a combattere il nemico in periferia. Ora, se è innegabile il tributo di sangue dato dai partigiani fiorentini alla battaglia dentro la città, con 205 morti e diversi feriti, così come viene descritta l’acquisizione del controllo della maggior parte dell’area lungo l’Arno pare sia stata frutto di combattimento. La realtà è, invece, diversa e necessita di un piccolo aggiustamento. I Fallschirmjäger dell’11° Reggimento della 4a Divisione che tenevano la città assieme ad altre truppe, dopo essersi attestati lungo le rive dell’Arno dal 4 agosto 1944, ripiegarono secondo gli ordini in precedenza avuti sulla linea del Mugnone nella notte tra il 10 e l’11 agosto 1944. Fu solo in quel momento che i partigiani, usciti dai loro nascondigli dove erano rimasti per una settimana circa, acquisirono il controllo del centro città andando a combattere sul Mugnone e iniziando una lunga ed estenuante lotta contro i franchi tiratori fascisti. Ma tale controllo non fu mai completo, in quanto grossi pattuglioni tedeschi anche forniti di mezzi corazzati, riuscirono sempre a spingersi verso il centro città perfino quando erano arrivati gli inglesi. Che non attraversarono il Ponte Vecchio, ma la pescaia di San Niccolò, a guado il fiume Arno e grazie a un ponte Bailey che avevano costruito sulle pigne del ponte dell’Ammannati, contribuendo con le loro mine alla distruzione, già abbondantemente eseguita dai Pionieri tedeschi, dello splendido manufatto. C’è di più. Passato l’Arno, non ci risulta che i soldati alleati si siano sbracciati per aiutare i partigiani in linea, preferendo di molto tenere delle posizioni più arretrate,in centro città e a est e ovest della stessa, fornendo ai patrioti, che continuavano la loro dura lotta contro soldati molto più addestrati alla guerra in centri abitati di loro, solo sporadico appoggio di mezzi corazzati fino a che i tedeschi, passata un’altra settimana, per tema di aggiramento della città non ripiegarono, sempre su ordini prestabiliti da tempo, verso le colline a nord di Firenze.
Ora vogliamo lanciare un appello. Sappiamo che in Italia la storia non è molto curata. Purtroppo non aiuta la diffusione delle informazioni storiche al grande pubblico la televisione. Recentemente, ci è toccato assistere a un film-denuncia dove si raccontava la terribile razzia degli ebrei romani di sabato 16 ottobre 1943 e il ruolo di Pio XII. A un certo punto, un interlocutore del Papa lamentava che, mentre i tedeschi stavano deportando gli ebrei del ghetto di Roma, gli americani avessero bombardato l’Abbazia di Montecassino. Allo sceneggiatore era sfuggito che questo episodio era accaduto….il 15 febbraio 1944, quindi quattro mesi dopo la razzia. Quindi, almeno nelle riedizioni, nelle ristampe, nel curare una edizione libraria di anni fa, di far vedere che il tempo non è passato invano e che la ricerca è andata avanti. Non lasciare tutto come se il mondo si fosse fermato. E, soprattutto, tener conto anche della cosiddetta storia locale perché storia minore non è e spesso fa evitare brutti scivoloni.
[1] Cfr. La battaglia per la “Gotica”. Il Secondo Corpo statunitense da Firenze a Monte Grande, a cura di Romano Rossi e Fabrizio Tampieri, Bacchilega Editore, Imola 2011.
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