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Silvano Salvadori: L’Alabardiere del Pontormo

La sicura quasi frontalità del volto si impone alla trasversale posizione del dorso che scivola dal collo slanciato sulle spioventi spalle, stretto fortemente in vita dalla cintura. Il materico legno dell’alabarda, con la sua leggera inclinazione, muove il gesto statico del giovane, che comunque l’afferra con nodosa articolazione della mano. Mentre la sua punta fugge nell’ombra (ma è davvero un’alabarda?), in basso l’elsa della spada sporge metallica verso di noi con una nuova diversa inclinazione, deviando ancora da quella della cintura di cuoio.

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L’Alabardiere, 1537, cm 92×72, Malibu, Paul Getty Museum

Fonte: Wikicommons

Gentile la mano sul fianco, aperta in morbida eleganza. Due bianche sbuffi in corona di stoffa staccano la carne dal vestito, l’una sfarfallata e cadente per la gravità come il petalo vibrante di un fiore da cui sboccia il pistillo del polso reggente la mano, l’altra compatta a disegnare il conico inanellarsi a lei del braccio. Uguale l’aprirsi del collo sul bavero parimenti bianco, su cui libero svolazza il legaccio che dovrebbe serrarlo.

L’ampio petto a botte, gonfio e come sottolineato dalla doga dei bottoni, è adorno da una collana dorata che devia un po’ liberamente dalla precisa scansione ovoidale del busto e s’attorce  in alcune maglie sulla spalla con tenui effetti d’ombra che la fanno vibrare. All’impettito teso vestito, fa riscontro la spumeggiante increspatura delle maniche; quella a destra s’aggrinza  dal punto in cui il gomito piega verso il fianco producendo uno scorcio dell’avanbraccio che mira verso l’anca. La lunghezza eccessiva del tratto che conduce alla spalla dà nobiltà alla figura allungandola. Il cerchio della cintura alla vita comprime fortemente il corpo che poco sotto si veste di un rosso panneggio, anch’esso stretto da un legaccio rosso che attraversa in maniera equatoriale i fianchi ed incrocia il punto in cui il parziale cerchio della cintura, che va a sorreggere la spada, è intersecato visivamente dalla diagonale dell’elsa stessa. Quasi in controluce, l’elsa metallica si stacca con i suoi luccichii nelle sue anse curve che si avvolgono come le rosse pieghe.

Colore che è ripreso dal cappello che incornicia il volto e preme sull’orecchio destro, piegandolo ad una visione quasi di profilo. Anche qui lo spillo passante nel berretto è ancorato ad una catena che porta un pendaglio su cui sono raffigurate due figure in lotta (un Ercole e Anteo) e confina con lo spruzzo bianco di piume.

Lo spigolo inclinato, come l’asta di legno, di una fortificazione stacca l’ombra della testa dall’ombra scura dello sfondo che così acquista comunque una solidità.

La malinconica giovinezza di questo ragazzo è attesa alla prova della gloriosa stagione chiusa della Repubblica o aperta del ducato.

3-2-13

 

IDENTIFICAZIONE

A lungo si è ritenuto che l’effigiato fosse quel Francesco Guardi (nato nel 1514), giovanissimo soldato della Repubblica Fiorentina durante l’assedio di Firenze del 1530 che Vasari ricorda oggetto di un ritratto di Pontormo, o il giovane diciottenne Cosimo I de’ Medici vittorioso dopo la battaglia di Montemurlo nell’agosto del 1537.

La sorta di sigillo sul cappello è comunque emblema della forza di Firenze, essendo ritenuto Ercole il mitico fondatore della città; i Medici soprattutto esaltarono le sue imprese apponendolo vicino ad David all’ingresso di Palazzo Vecchio (anche se il progetto fu già in animo della Repubblica), adornandone poi con statue il salone dei 500 ed un’intera stanza con le sue gesta.

Un indizio per l’indagine ce lo può dare lo sfondo: le possenti mura di una fortezza che ha anche una fascia bastionata in basso. Il muro di spigolo si presta, con la sua linea inclinata più ad un bastione cinquecentesco. Ancora, se ci si riferisse all’assedio, Firenze non ha quelli della Fortezza da Basso che Antonio da Sangallo costruirà su incarico del duca Alessandro dopo il 1533. Montemurlo ha invece mura possenti in pendenza, ma gli spigoli della Rocca sono stondati; qui se adottati avrebbe reso meno netto il passaggio luce-ombra fra volto e mura e poi il loro passaggio in ombra. Se questo ritratto, poi, è stato così conservato nei palazzi del potere mediceo, propendiamo per l’ipotesi di Cosimo giovinetto alla presa del potere. La questione rimane comunque aperta.

Vasari descrive il senso dell’impresa con Anteo: “È quando Anteo figliuolo della Terra, maestro della lotta, giuocò con Ercole, il quale sendo in isteccato, e avendolo gittato in terra parecchie volte, e’ ripigliava nel toccar della madre Terra più forze; in ultimo levatolo di peso in aria lo strinse, e tanto lo tenne, che mandò fuori lo spirito.”

“Ma troppo lungo sarei forse, se minutamente io arei a dire il tutto di quel che rappresentano queste fatiche, come questa di Anteo, figliuolo della terra, che è la Bugia, nata di essa Terra, scoppiata dalla Verità, nata di Giove in cielo; la quale dalla sua chiarezza mostra le tenebre in che sono i bugiardi, che per virtù di chi ministra la giustizia se li fa esalar lo spirito.”

 

16-2-13

 

 

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