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Giuliano Lastraioli: Il Masini batté l’Incontri

Da: “Il Tirreno”, domenica 5 dicembre1993.

80 anni fa le ultime elezioni politiche col sistema uninominale

 Il Masini batté l’Incontri

Il Bargello (“nom de plume” di Giuliano Lastraioli)

 

Un gorillaio come quello creato dalla commissione Zuliani riuscì ai suoi tempi soltanto all’amministratore napoleonico della Toscana, quel Dauchy che nel 1808, quando fu introdotto l’ordinamento ipotecario francese che ancora ci delizia, aggregò Fucecchio, Cerreto, Vinci e un pezzo di Empoli alla conservatoria di Pisa. San Miniato con la frazione fucecchiese San Pierino, andò a quella di Livorno. A Volterra andarono (e ci stanno sempre) i comuni di Castelfiorentino, Certaldo e Montaione con Gambassi.

Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole. La burocrazia imperiale è dura a morire e i suoi consolidati precedenti hanno fatto aggio sul buon senso anche in occasione del nuovo ritaglio dei collegi elettorali toscani.

Piuttosto, le polemiche che si sono succedute alla vista dell’assurdo ircocervo partorito dalla prelodata commissione parlamentare mi hanno fatto ricordare che giusto ottant’anni fa, il 26 ottobre 1913 si tennero le ultime elezioni politiche alla Camera dei deputati col sistema uninominale.

Fu un fatto importante perché, per la prima volta, si votò a suffragio universale, limitato però ai cittadini maschi che avessero servito sotto le armi o comunque superato i trent’anni di età.

Era pur sempre un grosso ampliamento dell’elettorato attivo rispetto alla precedente base fondata sul censo. Basti pensare che gli 8.140 iscritti del 1909, allorché il giolittiano Incontri aveva battuto di misura per 3.442 voti contro 3.062 il socialista Masini, detentore del seggio di deputato dal 1904, erano divenuti 19.747.

Finché il candidato dei cosiddetti costituzionali fu il mitico marchese Ridolfi, che per tradizione familiare aveva dominato la Valdelsa e il medio Valdarno dalle tre ville di Meleto, di Poggio al Pino e di Bibbiani, i suoi avversari, Masini compreso, erano sempre stati irrimediabilmente battuti. Negli ultimi tempi, venendo meno allo stile paternalistico proprio del grande Cosimo, Carlo Ridolfi si era fatto cupo e forcaiolo.

I moti del ’98 e l’assassinio del re Umberto avevano cambiato il carattere del vecchio gentiluomo cosicché in tempo di elezioni — non era difficile leggere sui muri scritte come questa: «Carlo Ridolfi uomo sperverso / non votate per lui ch’è tempo perso». Nondimeno, finché il fiero marchese rimase nell’agone, per il Masini non ci fu spazio. Le cose cambiarono nel 1904 e poi nuovamente nel 1906, quando il candidato socialista, grazie all’invigorimento dell’organizzazione di partito e alla pochezza di avversari quali i forestieri Muratori e Donati, riuscì per due volte di seguito a espugnare il collegio.

Il professor Masini, certaldese, ottimo medico di idee riformiste, sempre ondeggiante fra umanitarismo di stampo massonico e dottrine turatiane, batté invece un tonfo nel 1909, quando il candidato del Giolitti, il marchese Gino Incontri di Pillo, assai legato ai nascenti interessi industriali della zona, riuscì a profittare del momento favorevole dovuto a una delle ricorrenti crisi del movimento socialista e soprattutto allo sperticato appoggio di tutte le autorità governative, dal sottoprefetto al delegato, dai marescialli dei carabinieri agli ufficiali delle poste e dei telegrafi.

In Empoli, poi, era sorto un battagliero settimanale, “Il Piccolo”; che lo sostenne a spada tratta, polemizzando aspramente con la socialista “Vita Nuova” che navigava fra mille difficoltà in mezzo ai debiti. Il ceto cattolico, allora, non partecipava ufficialmente alle campagne elettorali e non mostrava il minimo entusiasmo per alcuno dei due contendenti, pur orientandosi senza unanimità per il candidato moderato.

Nel 1913, dopo gli scombussolamenti dell’impresa di Libia e l’ubriacatura nazionalista, di cui ha trattato benissimo nella sua fresca tesi di laurea in scienze politiche il giovane concittadino Marco Mainardi, il momento era propizio per la rivincita del Masini. C’era da valutare il peso dei cattolici, rimessi in lizza dal “patto Gentiloni”, ma si trattava di un’incognita, perché il marchese Incontri, nonostante avesse fatto buon viso all’escamotage di quel birbone del Giolitti, si era andato giocando la reputazione politica con l’affarismo e col voto di scambio. La “Vita Nuova” tuonava contro l’ibrido miscuglio clerico-moderato, ma non era questo il punto.

Il grosso dei cattolici, contadini soprattutto, sotto l’influenza di molti parroci tuttora legati al carro temporalista, se ne stette a casa e non si recò a votare. Solo 15.806 dei 19.747 iscritti andarono alle urne. Per i quasi quattromila astenuti il neonato suffragio universale era nulla più che una trappola del diavolo. Per loro, o Masini o Incontri, chi vinceva era sempre uno stinco di Satana forgiato nelle logge massoniche.

Il nostro collegio per la Camera dei deputati comprendeva, in perfetta omogeneità demografico-territoriale, come si vorrebbe oggi, i comuni di Empoli con undici sezioni, di Capraia e Limite con due sezioni, di Cerreto Guidi con sei sezioni, di Montelupo con tre sezioni, di Vinci con quattro sezioni, di Castelfiorentmo con sei sezioni e di Certaldo con sette sezioni. In tutto 38 seggi che elargirono 8.346 voti al Masini e 7.543 all’Incontri.

Quest’ultimo ottenne la maggioranza soltanto nei comuni di Cerreto Guidi, di Montelupo e di Capraia e Limite. In tutto il restante collegio spopolò il Masini: a Empoli con 2.637 voti contro 1991 e a Castelfiorentino con 1.634 contro 1.143. A Certaldo, sua patria, il candidato socialista ebbe 1351 voti contro 923 andati all’Incontri. Lo scarto complessivo fra i due antagonisti fu di 893 voti, quasi un’enormità per l’epoca.

La “Vita Nuova”, quantunque sul piano nazionale l’odiato Giolitti avesse riportato un buon successo, uscì esultante per la vittoria del «candidato del popolo lavoratore», il cui ritorno a Montecitorio significava «la sconfitta dei guerrafondai pazzi e scalmanati e degli affamatori lividi d’egoismo e di rabbia». Quella Camera avrebbe durato fino al 1919.

Il mondo, dopo la bufera della prima grande guerra, era cambiato. I tempi erano maturi, per i primi listoni della proporzionale. Su qualche muro sbreccato si leggeva ancora il graffito del tripudio popolare per l’antico trionfo: «Il Masini è deputato e l’Incontri s’è purgato». Ma stavano per cominciare ben altre purghe.

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