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Brexit, che brutta espressione – di Claudio Biscarini

E così, dopo tutto, con il 52% dei fautori del Leave, Albione lascia l’Europa. Devo dire che me lo aspettavo.


Claudio Biscarini

 

 

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Giorni fa avevo a casa dei carissimi amici inglesi, favorevoli a rimanere in Europa, e li ho visti preoccupati. In più, conoscendo un poco di storia inglese,  avevo  pochi dubbi che alla fine prevalesse il Rule Britannia. Da Guglielmo il Conquistatore, nel 1066, nessuno è riuscito ad invadere l’isola. Non ci riuscì Filippo II di Spagna con la sua Grande y Felicissima Armada nel 1587, non ci riuscì Napoleone Bonaparte né Adolf Hitler nel 1940. Rinchiusi nel loro mare, divisi dalla terraferma dal canale della Manica, dobbiamo essere sinceri: gli inglesi, in gran parte, si son sempre più sentiti legati al loro impero che all’Europa. Purtroppo, non si sono ancora resi conto, a mio parere, almeno non tutti che l’impero è finito nel 1945 e che  nuovi imperi, sia politici che economici, , da quella data, hanno cominciato ad affacciarsi alla storia del mondo.Gli Stati Uniti d’America, l’Unione delle Repubbliche Sovietiche oggi Russia scalzarono, a fine guerra, sia politicamente che materialmente, l’impero che fu di Vittoria. Ragione di più per guardare con occhi diversi all’Europa unita.

Che succederà ora? Intanto un cambiamento ci sarà subito a livello politico visto che David Cameron ha già deciso le sue dimissioni e nuove elezioni. Ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, come ha fatto Renzi rispetto al referendum di ottobre, e ha perduto. Doveva aspettarselo, il vecchio Winnie non ci sarebbe cascato.

Poi c’è la questione della Scozia. Che faranno i pronipoti di William Wallace, il famoso Breveheart? Resteranno, loro profondamente europeisti nella maggioranza, con il Regno Unito o tenteranno di nuovo la carta dell’indipendenza? Senza parlare delle questioni economiche: la sterlina già è in ribasso ( considerazione egoistica: per  me che compero documenti  in Inghilterra non è un gran male); lo stabilirsi, tra due anni, di eventuali dogane sicuramente non privilegia l’importazione di prodotti inglesi e, da parte loro, l’acquisto di prodotti stranieri. Non parliamo del fatto che chi, dall’estero, vorrà andare a lavorare o studiare in Inghilterra dovrà munirsi di certificato di soggiorno non essendo più territorio dell’UE. Che dire degli Erasmus universitari? E se dovesse essere,poi, necessario anche il passaporto?

Che in Europa ci siano diverse faccende da ridiscutere, credo che nessuno, anche fortemente europeista, lo metta più in dubbio. Cercare di risolvere le cose andandosene, come vorrebbero fare anche i seguaci di  Marine Le Pen in Francia e alcuni, se non tutti, i Leghisti in Italia, mi pare la cosa più sbagliata. Il mondo sta cambiando in modo vertiginoso e si stanno affacciando, o sono già palesi come la lotta al terrorismo e l’ondata di migrazioni, problemi tali da far tremare i polsi. E’ più che mai necessario che l’Europa, per affrontarli, rimanga unita senza che manchi, però, il rispetto tra nazioni su alcune questioni ritenute importanti. Fare “i duri”, come spesso vediamo al Parlamento Europeo rispetto a casi che riguardano “il ventre molle” d’Europa, cioè i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, non paga. Anzi, è il modo migliore perché i seguaci di Le Pen e Salvini gettino benzina avio sul fuoco per abbandonare questa nave che inizia a fare acqua. Dimostrarsi divisi non conviene a nessuno, nemmeno ai pronipoti (questa sera mi è presa così) di Otto von Bismarck. Assumere iniziative che vanno a colpire settori delle economie nazionali, come ad esempio il caso del latte in polvere per quanto riguarda l’Italia, sono errori che si pagano.  Ci sono troppi interessi particolari, troppe “ruggini” storiche ancora che girellano per le vie d’Europa. Se vogliamo andare avanti ed essere al passo con il mondo che, tra non molto, ci sommergerà, dobbiamo essere pragmatici al punto giusto: nessuno, da solo, è in grado di affrontare alcunché, nemmeno i sudditi di Sua Maestà Britannica. Buon viaggio (da sola) piccola Albione.

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